Il fascismo torna nelle scuole italiane. (Ai Story Generator)
“Ti piacerà qui, fidati di me”, disse Clara, con gli occhi che brillavano di entusiasmo mentre faceva fare al suo nuovo vicino un giro per la tranquilla strada italiana.
Il signor Castellanos, un uomo di mezza età con una barba ben curata e un sorriso gentile, annuì educatamente, osservando i caldi edifici di terracotta e il vivace trambusto delle famiglie che chiacchieravano davanti a un espresso al bar all’angolo. La sua curiosità crebbe quando Clara gli indicò la scuola locale, un grande edificio ricoperto di edera che sembrava più un palazzo che un luogo di apprendimento. Il cortile della scuola era pieno delle risate dei bambini che giocavano, le loro voci riecheggiavano sulle antiche mura. Era in netto contrasto con il silenzio solenne delle strade della città che si era lasciato alle spalle in cerca di un nuovo inizio.
Le prime settimane a scuola sono state un vortice di volti nuovi e routine sconosciute per il signor Castellanos. È diventato rapidamente noto per i suoi metodi di insegnamento innovativi e la dedizione nel promuovere il pensiero critico nei suoi studenti. La sua classe era un paradiso di esplorazione intellettuale, dove le domande erano incoraggiate e nessuna idea veniva respinta senza considerazione. I bambini reagivano alla sua apertura con un desiderio di imparare che era contagioso.
Tuttavia, non tutti condividevano l’entusiasmo di Clara per il nuovo insegnante. Nella sala del personale, i sussurri si fecero più forti quando alcuni degli educatori più tradizionali iniziarono a esprimere il loro disagio nei confronti dei suoi approcci moderni. Hanno parlato dell’importanza di mantenere la santità dei valori e delle tradizioni italiane, alludendo cupamente ai pericoli di permettere alle idee straniere di infiltrarsi nelle menti dei loro giovani. Era una tensione di fondo che il signor Castellanos non poteva ignorare, una sottile corrente sotterranea di disagio che si diffondeva nei corridoi della scuola.
Una sera, mentre usciva dalla scuola, il signor Castellanos notò un piccolo gruppo di studenti rannicchiati insieme, che si passavano un libro sbrindellato intitolato “La dottrina del fascismo”. Parlavano a bassa voce, guardandosi intorno furtivamente come se stessero condividendo un segreto che avrebbe potuto metterli nei guai. Il suo cuore sprofondò quando si rese conto che l’ombra del passato non era del tutto scomparsa da quella città idilliaca. Con un senso di presentimento, prese nota mentalmente di affrontare la questione con l’amministrazione della scuola. L’idea che il fascismo alzasse la sua brutta testa in un luogo dedicato alla conoscenza e alla crescita non era una di quelle che poteva facilmente respingere.
Il giorno seguente, il signor Castellanos si rivolse alla preside della scuola, la signora Falchi, esprimendo le sue preoccupazioni. Fece un cenno con la mano in modo sprezzante, insistendo sul fatto che il libro faceva parte del loro curriculum di storia, un racconto ammonitore di un tempo da cui l’Italia si era allontanata. Ma Castellanos sapeva che la storia aveva un modo di ripetersi se non insegnata con vigilanza e contesto. Chiese di incorporare lezioni sui pericoli del fascismo nel suo curriculum, sperando di fornire l’equilibrio necessario. Il sorriso della preside rimase, ma i suoi occhi divennero freddi e gli disse di attenersi ai libri di testo approvati.
Ignorando il suo avvertimento, il signor Castellanos ha deciso di agire. Ha iniziato a intrecciare storie del passato nelle sue lezioni, condividendo storie di individui coraggiosi che si erano opposti alla tirannia e all’oppressione. I suoi studenti si avvicinavano, affamati della conoscenza che veniva loro nascosta. Nella mensa, notò di nuovo il gruppo con il libro, e questa volta non lo stavano nascondendo. Stavano reclutando.
I sussurri si trasformarono in mormorii, e i mormorii si trasformarono in grida. Il cortile della scuola non era più pieno di risate, ma di echi di slogan nazionalistici e di calpestio di piedi con gli stivali. La vista degli studenti che alzavano le braccia in segno di saluto fascista ha fatto venire i brividi lungo la schiena del signor Castellanos. Sapeva che doveva fare qualcosa prima che la situazione andasse fuori controllo.
Durante una delle sue lezioni di storia, Castellanos ha deciso di affrontare la questione a testa alta. Ha parlato del regime di Mussolini, degli orrori della seconda guerra mondiale e dell’importanza della democrazia e della libertà. Le sue parole sono state accolte con un misto di curiosità e ostilità. Alcuni studenti hanno annuito, altri hanno alzato gli occhi al cielo e alcuni hanno persino ridacchiato. Ma c’era una studentessa, una ragazza tranquilla di nome Elena, che sedeva in fondo alla classe, ascoltando attentamente.
Dopo la lezione, Elena si avvicinò al signor Castellanos con il libro a brandelli in mano. «Non capisco», disse dolcemente. “Perché dicono che queste cose sono buone?” I suoi occhi cercarono i suoi, alla disperata ricerca di risposte. Le prese il libro e ne sfogliò le pagine, sentendo il peso della storia sulla punta delle dita. Sapeva che doveva procedere con cautela, non volendo alienarsi gli studenti o alimentare il fuoco della fiorente ideologia fascista. (segue)
