Easy to Read

Ecco il testo semplificato in formato Easy to Read, seguito dall’elenco degli interventi linguistici con le motivazioni.


Testo semplificato (riferimento originale)

Come usare bene l’intelligenza artificiale generativa

Per usare bene l’intelligenza artificiale generativa (IA),
servono 4 competenze importanti.
Queste competenze sono collegate tra loro.

1. Conoscenza dell’argomento

È importante conoscere bene l’argomento
in cui si vuole usare l’IA.
Se conosci l’argomento:

  • fai domande migliori,
  • capisci se le risposte hanno senso,
  • usi meglio i risultati ottenuti.

2. Saper fare buone domande

Serve sapere come scrivere buone domande (prompt)
per far funzionare bene l’IA.
Serve anche scegliere tra le tante possibilità
quella più adatta al compito,
alle persone a cui è rivolto,
al contesto e al lavoro da fare.

Saper scegliere bene le domande
aiuta ad avere risposte più utili.

3. Saper definire bene il problema

Devi sapere spiegare bene
qual è il problema o l’obiettivo.
Questo aiuta a capire meglio
le risposte dell’IA
e a usarle nel tuo lavoro.

4. Pensare in modo critico

L’IA può sbagliare o dare risposte poco chiare.
Per questo è importante:

  • controllare i fatti,
  • considerare punti di vista diversi,
  • sapere che ci possono essere errori
    nei dati usati per allenare l’IA.

Pensare in modo critico
vuol dire usare le risposte dell’IA
in modo attento e consapevole.

Le 4 competenze sono collegate tra loro

  • Se conosci bene l’argomento,
    fai domande migliori
    e capisci meglio se l’IA ha risposto bene.
  • Se fai buone domande,
    è più facile capire il problema
    e migliorare il lavoro.
  • Se sai spiegare bene il problema,
    puoi anche valutare meglio le risposte.
  • Pensare in modo critico
    ti aiuta a scegliere le risposte migliori
    per il compito, le persone e il contesto.

📚 Glossario

  • IA (intelligenza artificiale generativa): un tipo di tecnologia
    che crea testi, immagini o altri contenuti
    partendo da istruzioni scritte (prompt).
  • Prompt: una domanda o istruzione
    che si scrive per far lavorare l’IA.
  • Pensiero critico: capacità di ragionare con attenzione,
    controllare le informazioni e non accettare tutto come vero.

✏️ Interventi linguistici effettuati e motivazioni

  1. Semplificazione del titolo
    • Originale: “Analizzando lo schema sulla capacità di uso dell’intelligenza artificiale generativa…”
    • Semplificato: “Come usare bene l’intelligenza artificiale generativa”
    • Motivo: Rendere subito chiaro l’argomento, evitando formule complesse.
  2. Frasi brevi e lineari
    • Ogni concetto è stato riscritto in frasi brevi su righe separate.
    • Motivo: Facilitare la lettura e la comprensione.
  3. Riformulazione dei concetti astratti
    • Es. “approccio attivamente critico” → “pensare in modo critico”
    • Motivo: Rendere comprensibile un concetto complesso senza cambiarne il significato.
  4. Esplicitazione e semplificazione del lessico
    • Termini come “flusso di lavoro”, “bias”, “contesto operativo” sono stati spiegati o evitati.
    • Motivo: Rendere il testo accessibile anche a chi ha bassa scolarizzazione.
  5. Uso di esempi impliciti
    • Alcuni esempi (come “capisci se le risposte hanno senso”) rendono concreti concetti teorici.
    • Motivo: Favorire la comprensione attraverso situazioni concrete.
  6. Creazione di sottotitoli chiari per ogni sezione
    • Motivo: Aiuta a seguire il testo e orientarsi nei contenuti.
  7. Glossario aggiunto per termini tecnici
    • Motivo: Conservare i termini chiave del testo originale ma renderli comprensibili.

Fammi sapere se vuoi adattare altri testi!

Certamente. Ecco la semplificazione del testo fornito, seguita dall’elencazione degli interventi linguistici messi in atto, con le relative motivazioni basate sulle “Linee guida europee per rendere l’informazione facile da leggere e da capire per tutti“.


Testo Semplificato: DigiCoop 0.1 – Un modo nuovo di usare il digitale per tutti(riferimento originale)

Introduzione: Un digitale più giusto per tutti

DigiCoop 0.1 nasce da un’idea importante. Dobbiamo cambiare il modo in cui pensiamo alle “competenze digitali”. Le competenze digitali sono quello che sappiamo fare con il computer, internet e gli strumenti digitali.

Oggi nel mondo ci sono molte differenze ingiuste tra le persone. Ci sono differenze di soldi, di possibilità, tra uomini e donne, tra persone di origini diverse e tra chi vive in posti diversi.

Alcuni modi di pensare e di comandare, come quelli del passato coloniale, continuano a creare problemi tra i paesi del mondo.

Le grandi aziende tecnologiche, soprattutto dei paesi più ricchi, spesso prendono informazioni e risorse senza dare abbastanza in cambio. Questo modo di fare non va bene per l’ambiente digitale in cui viviamo.

Alcuni pensano che la tecnologia sia solo uno strumento per avere successo o per far guadagnare di più le aziende. Noi non siamo d’accordo.

DigiCoop 0.1 propone un modo diverso di vedere le cose. Vogliamo un approccio completo, che rispetta le persone e capisce i problemi della società.

Crediamo in alcuni principi importanti:

  • Collaborare davvero con gli altri.
  • Aiutarsi a vicenda.
  • Includere tutte le persone, combattendo l’abilismo (cioè le discriminazioni contro le persone con disabilità).
  • Capire e combattere le ingiustizie usando le idee del femminismo intersezionale. Questo femminismo studia come le diverse forme di discriminazione (come quelle contro le donne, le persone di colore, le persone povere) si legano tra loro.
  • Pensare sempre con attenzione alle conseguenze delle nostre scelte sulla tecnologia e sulla società.

L’obiettivo principale di DigiCoop 0.1 è aiutare le persone e i gruppi, specialmente quelli che sono stati messi da parte o trattati male, a sviluppare nuove competenze digitali. Queste competenze servono per:

  1. Cambiare il modo di pensare dominante:
    • Smontare l’idea che il modo di pensare dei paesi occidentali (Europa, Nord America) sia l’unico giusto o il migliore.
    • Combattere la cancellazione o la svalutazione dei modi di pensare di altri popoli (questo si chiama anche “epistemicidio culturale”).
    • Valorizzare, proteggere e far conoscere i tanti saperi diversi: quelli dei popoli indigeni, dei contadini, delle donne, delle persone queer, delle comunità e delle persone comuni.
  2. Capire e combattere lo sfruttamento delle grandi aziende tecnologiche:
    • Riconoscere e combattere come le grandi aziende tecnologiche dei paesi occidentali usano i nostri dati personali, le nostre relazioni, la nostra creatività e le nostre conoscenze per guadagnare.
    • Spesso queste aziende sfruttano persone che fanno piccoli lavori online, pagati poco e senza diritti, soprattutto nei paesi del Sud del mondo o tra le persone più povere. Ad esempio, persone che cliccano su annunci, che insegnano alle intelligenze artificiali o che controllano contenuti online.
  3. Difendere istruzione, cultura e salute dalle grandi aziende:
    • Resistere al controllo delle grandi aziende tecnologiche su scuole, cultura, ospedali e spazi pubblici. Queste aziende spesso impongono modi di insegnare uguali per tutti, contenuti pubblicitari, controllo e ci rendono dipendenti dalla loro tecnologia.
    • Promuovere e costruire alternative: programmi per computer gratuiti e aperti (software libero e open source), apparecchi elettronici che si possono riparare (hardware aperto), reti internet gestite dalle comunità e modi di insegnare che aiutano a pensare con la propria testa.
  4. Usare meno energia e materiali:
    • Ridurre molto il consumo di energia e di materiali usati per creare e buttare via gli strumenti digitali. Questo è importante per la giustizia verso l’ambiente, il clima, le future generazioni e tutti i popoli. Le tecnologie consumano troppe risorse e questo peso non è diviso in modo giusto.
  5. Chiedere e creare algoritmi e intelligenze artificiali giusti:
    • Pretendere, aiutare a progettare e usare algoritmi e intelligenze artificiali (IA) che siano aperti, chiari, facili da capire, giusti per tutti e che non discriminino nessuno.
    • Questi sistemi non devono creare o aumentare le ingiustizie basate sulla società, l’origine delle persone, il genere o la disabilità. Devono essere controllati dalle persone e dalle comunità per vedere che effetti hanno sulla società.
  6. Creare tecnologie facili da usare e utili per tutti:
    • Favorire, progettare insieme e diffondere strumenti tecnologici che aiutano le persone e le comunità a essere più autonome e creative. Non strumenti che le rendono dipendenti o controllate.
    • Queste tecnologie devono essere facili da riparare, fatte di pezzi che si possono cambiare, accessibili a tutti, personalizzabili, durature e controllabili dalle persone a livello locale. Devono essere il contrario di quelle fatte per rompersi presto o dei sistemi chiusi che non si possono modificare.
  7. Lottare contro la vendita di tutta la conoscenza e la cultura:
    • Combattere l’idea che ogni conoscenza, informazione e cultura debba diventare una merce da vendere.
    • Promuovere invece la libera circolazione delle idee, la condivisione di scoperte scientifiche e creazioni artistiche. Vogliamo rafforzare i beni comuni (cioè le cose che sono di tutti) nel campo dell’informazione e dare a tutti un accesso libero e giusto alla cultura del mondo.

DigiCoop 0.1 si divide in diverse aree di competenza. Queste aree sono collegate tra loro. Non vogliamo insegnare solo come usare la tecnica, ma soprattutto come pensare in modo critico, come usare il digitale per cambiare le cose in meglio e come comportarsi in modo etico, solidale e rispettoso di tutte le culture.

L’obiettivo finale è usare il digitale in un modo che ci renda più liberi, che aiuti le persone e i gruppi a essere più forti e che serva a creare una società più giusta, a rispettare la dignità di tutti e a proteggere l’ambiente e le culture del nostro pianeta.

AREA DI COMPETENZA 1: CAPIRE BENE LE INFORMAZIONI, PENSARE CON LA PROPRIA TESTA E VALORIZZARE TUTTI I SAPERI DIGITALI

Descrizione dell’area:

Quest’area aiuta a sviluppare la capacità di trovare, analizzare, capire e valutare le informazioni e i dati che troviamo nel mondo digitale. Il mondo digitale è complesso e a volte poco chiaro.

Dobbiamo anche imparare a creare e condividere informazioni in modo critico, cioè pensando bene a quello che facciamo.

È importante capire chi ha il potere, chi ha più informazioni e quali culture dominano nel mondo dell’informazione.

Dobbiamo mettere in discussione l’idea che le fonti di informazione e le piattaforme tecnologiche (come i siti internet o i social network) siano sempre neutrali e oggettive.

Dobbiamo riconoscere e denunciare quando la cultura occidentale (dei paesi europei e nordamericani) cancella o svaluta i saperi di altri popoli (questo si chiama “epistemicidio culturale”).

L’obiettivo è promuovere la ricerca, la valorizzazione e la diffusione dei tanti saperi diversi: quelli dei popoli indigeni, delle donne, degli ecologisti e delle comunità.

In questo modo, le persone e i gruppi possono imparare a decidere da soli cosa è importante sapere e cosa dà significato alla loro vita (questo si chiama “sovranità epistemica”).

1.1 Cercare e capire le informazioni digitali, andando oltre le “bolle” create dagli algoritmi

  • Cosa imparare a fare:
    • Capire di quali informazioni abbiamo bisogno. Riconoscere che le nostre idee su cosa cercare sono influenzate dalla cultura, dalla società e dalla politica.
    • Cercare dati e informazioni su internet usando tante fonti diverse. Cercare soprattutto fonti alternative, indipendenti, comunitarie e di culture non dominanti.
    • Chiedersi sempre da dove vengono le informazioni, chi le ha scritte, chi ha pagato per farle, perché sono state create e quali idee nascondono.
    • Imparare a cercare informazioni andando oltre i risultati che ci propongono i motori di ricerca più famosi. Questi motori usano programmi chiamati algoritmi. È importante trovare per caso cose nuove, esplorare da soli e conoscere punti di vista diversi o nascosti.
  • Cose da sapere (Consapevolezze Critiche):
    • I motori di ricerca (come Google), i social media (come Facebook o TikTok) e i siti di notizie sono controllati da poche grandi aziende tecnologiche dei paesi occidentali.
    • I loro algoritmi (i programmi che decidono cosa farci vedere) non sono neutrali. Spesso ripetono e aumentano le ingiustizie (contro persone di certe origini, donne, persone di certi paesi o che parlano certe lingue). Favoriscono le idee dominanti e i contenuti che fanno guadagnare le aziende. Possono nascondere o cambiare i saperi “altri”, le idee critiche e le lingue meno parlate.
    • Gli algoritmi creano delle “bolle” (filter bubbles) o “camere dell’eco” (echo chambers). Questo vuol dire che ci mostrano soprattutto cose che confermano le nostre idee e ci fanno vedere meno le opinioni diverse. Questo limita il confronto e può aumentare i pregiudizi.
    • Le aziende tecnologiche raccolgono i nostri dati quando cerchiamo informazioni o usiamo i loro servizi (questo si chiama “estrattivismo dei dati”). Usano questi dati per i loro affari, controllandoci e vendendo le nostre informazioni.
    • La velocità e i tanti piccoli pezzi di informazione online possono rendere difficile pensare bene e farci reagire d’istinto invece di analizzare con calma.
  • Cose da fare (Pratiche Trasformative):
    • Usare e far conoscere motori di ricerca alternativi, che rispettano la privacy e non appartengono a grandi aziende (per esempio DuckDuckGo, Startpage, SearX). Capire come funzionano.
    • Cercare e aiutare archivi digitali di comunità, biblioteche online create dal basso, progetti di scienza fatta dai cittadini e iniziative che condividono saperi non occidentali. Per esempio, archivi di racconti orali, raccolte di conoscenze dei popoli sulla natura, progetti di storia raccontata dalle donne.
    • Leggere le informazioni in modo critico, chiedendosi chi le ha scritte, chi le ha finanziate e perché.
    • Partecipare a creare e curare raccolte di conoscenze fatte da tante persone, in diverse lingue e che rispettino tutte le culture. Per esempio, scrivere voci su Wikipedia in modo critico, creare glossari di comunità o tradurre testi importanti in lingue meno parlate.
    • Scegliere con cura le proprie fonti di informazione e leggere con attenzione.
  • Modi di essere (Attitudini Solidali e Decoloniali):
    • Essere curiosi e aperti a modi di pensare e conoscere il mondo diversi da quelli dominanti nei paesi occidentali.
    • Essere umili e capaci di criticare se stessi, riconoscendo i propri limiti e pregiudizi. Cercare di cambiare il proprio modo di vedere le cose e di cercare informazioni.
    • Sostenere progetti che digitalizzano, conservano e diffondono i saperi dei popoli indigeni e delle comunità, rispettando le loro decisioni e la loro cultura. Ad esempio, rispettare il principio del consenso libero, informato e dato prima (si chiama FPIC, che è una sigla inglese).
    • Promuovere il dialogo tra saperi diversi e la creazione di nuove conoscenze insieme.

1.2 Valutare, smontare e scoprire le bugie nelle informazioni digitali, riconoscendo chi ha il potere e chi manipola

  • Cosa imparare a fare:
    • Analizzare e valutare con attenzione se le informazioni digitali sono affidabili, importanti, precise e quali idee nascondono. Chiedersi perché sono state create (per motivi politici, economici, ecc.).
    • Scoprire chi ha il potere dietro le informazioni, come la cultura occidentale continua a dominare, come vengono cancellati i saperi di altri popoli e come vengono manipolate le persone.
    • Riconoscere e combattere le informazioni false create apposta (disinformazione), gli errori (misinformazione) e i discorsi che fanno male (come quelli che spargono odio, teorie del complotto pericolose, idee estremiste). Questi discorsi creano odio, discriminazione, ingiustizia e fanno perdere fiducia nelle istituzioni che lavorano per il bene di tutti. Spesso dietro ci sono interessi economici, politici autoritari o gruppi nascosti.
    • Imparare a distinguere tra una critica giusta e una campagna per sporcare la reputazione di qualcuno.
  • Cose da sapere (Consapevolezze Critiche):
    • Il modo in cui i dati e le informazioni sono scelti, organizzati e presentati (anche le statistiche ufficiali, i sondaggi e gli studi scientifici) mostra sempre un certo punto di vista, certe priorità politiche e certi interessi di potere. Possono essere usati per giustificare disuguaglianze o politiche ingiuste.
    • La storia, la scienza e la filosofia insegnate nelle scuole e nelle università spesso sono il risultato della cancellazione di saperi e valori non occidentali, o di donne, persone queer o del popolo.
    • I media più importanti (TV, giornali di grandi aziende o dello Stato) e le piattaforme digitali (con i loro algoritmi che decidono cosa è popolare) hanno un ruolo enorme nel formare l’opinione pubblica, nel diffondere le idee dominanti e nel far sembrare sbagliate le idee diverse o i movimenti sociali.
    • Presentare le informazioni come un gioco (“gamification”) può farle sembrare meno serie e importanti.
  • Cose da fare (Pratiche Trasformative):
    • Usare metodi per analizzare in modo critico i testi, le immagini e i video. Usare tecniche semplici per controllare i file digitali (per esempio, verificare da dove viene un’immagine o leggere le informazioni nascoste di un file) per scoprire messaggi nascosti o manipolazioni.
    • Partecipare a gruppi indipendenti che controllano i fatti (fact-checking). Questi gruppi devono essere creati dal basso, rispettare tutte le culture, le donne e combattere il razzismo. Non devono solo controllare se una cosa è vera o falsa, ma anche chi la dice, chi la finanzia e quali interessi ci sono dietro.
    • Creare e diffondere contro-informazione, giornalismo fatto dalle comunità, media attivisti e informazioni che vengono direttamente da gruppi oppressi o che lottano per i loro diritti.
    • Usare e promuovere strumenti gratuiti e aperti (open source) per scoprire le ingiustizie nascoste nei dati e negli algoritmi.
    • Sviluppare e diffondere guide per riconoscere le notizie false (fake news) e la propaganda.
  • Modi di essere (Attitudini Solidali e Decoloniali):
    • Dubitare sempre delle verità assolute e delle notizie che sembrano “neutrali”, specialmente se vengono da chi ha potere (governi, grandi aziende, istituzioni internazionali importanti).
    • Dare voce, ascolto e credibilità a chi è stato messo a tacere, reso invisibile o preso in giro.
    • Promuovere una cultura del dubbio utile, del pensiero critico fatto da soli e in gruppo, del controllo delle informazioni e della responsabilità di tutti nel produrre e capire le informazioni.
    • Impegnarsi a “disimparare” i pregiudizi che abbiamo dentro di noi.

1.3 Gestire, archiviare e creare informazioni digitali in modo etico, sicuro e utile per tutti

  • Cosa imparare a fare:
    • Organizzare, salvare, ritrovare e aiutare a creare informazioni e contenuti digitali in modo etico e sicuro (per sé e per gli altri, proteggendoli da furti o usi sbagliati).
    • Questi contenuti devono essere accessibili a tutti, cioè facili da usare per chiunque, anche per persone con disabilità, che parlano lingue diverse, che vivono in posti lontani o che hanno pochi soldi o poca tecnologia.
    • Usare sempre formati aperti (che tutti possono usare), standard che permettono a sistemi diversi di funzionare insieme, piattaforme tecnologiche gestite dalle comunità, decentralizzate (non controllate da un solo centro) e autogestite.
    • Usare licenze libere e aperte (come copyleft o alcune Creative Commons) che permettono di condividere, riutilizzare e creare insieme la conoscenza come un bene di tutti.
    • Rispettare e difendere il diritto delle comunità (specialmente quelle indigene) e delle singole persone di controllare i propri dati. Combattere chi vuole prendere dati senza permesso, vendere la conoscenza o imporre un controllo digitale esterno (colonialismo digitale).
  • Cose da sapere (Consapevolezze Critiche):
    • È pericoloso che i dati e le infrastrutture digitali (come il cloud, i cavi sottomarini, i grandi computer chiamati data center) siano controllati da poche grandissime aziende (come Google, Amazon, Facebook, Apple, Microsoft o le grandi aziende cinesi) e da alcuni Stati potenti. Questo mette a rischio la democrazia, la privacy, la possibilità di decidere da soli, la diversità culturale e l’indipendenza delle comunità e dei paesi.
    • È molto importante promuovere e usare infrastrutture digitali decentralizzate (dove il controllo è distribuito), federate (fatte di tante piccole parti che lavorano insieme, come il Fediverso), resistenti e gestite dalle comunità o da enti pubblici senza scopo di lucro.
    • Raccogliere tanti dati, conservarli a lungo e analizzarli con algoritmi (spesso senza dire come) ha conseguenze etiche, sociali e politiche importanti. Specialmente se i dati riguardano comunità povere, minoranze, attivisti o rifugiati.
    • Conoscere bene i principi per gestire i dati in modo giusto, come i principi FAIR (Findable, Accessible, Interoperable, Reusable – cioè Facili da trovare, Accessibili, Interoperabili, Riutilizzabili) e CARE (Collective benefit, Authority to control, Responsibility, Ethics – cioè Beneficio per tutti, Autorità di controllo, Responsabilità, Etica). Applicarli pensando alla giustizia sociale e al diritto dei popoli (specialmente indigeni) di decidere sui propri dati e saperi.
  • Cose da fare (Pratiche Trasformative):
    • Usare ogni giorno e far conoscere programmi gratuiti e aperti (software libero e open source, detti FOSS) per gestire i propri dati in modo sicuro, per creare contenuti insieme ad altri, per comunicare in modo protetto e per amministrare sistemi.
    • Partecipare a creare e curare archivi digitali di comunità (per esempio, archivi di movimenti sociali, memorie di lotte popolari), biblioteche digitali popolari, raccolte di conoscenze scientifiche aperte e che rispettino tutte le culture. Per esempio, scrivere su Wikipedia con un punto di vista critico, sostenere e usare Internet Archive (un archivio di internet), creare archivi di donne, di persone LGBTQIA+, di storie di migranti o di persone con disabilità.
    • Usare e far conoscere le licenze Creative Commons giuste (per esempio, CC0 per rendere un’opera di tutti, CC BY per permettere l’uso citando l’autore, CC BY-SA per obbligare a ricondividere allo stesso modo) per far circolare liberamente le idee e creare insieme, combattendo la chiusura dei sistemi proprietari.
    • Usare e insegnare ad altri come usare strumenti per rendere i messaggi segreti (crittografia, come PGP/GPG per le email o Veracrypt per i dischi), sistemi di accesso con più controlli (autenticazione a più fattori), modi per navigare su internet senza farsi riconoscere (come il browser Tor) e altre misure di sicurezza per proteggere i dati sensibili propri e delle comunità con cui si lavora, specialmente in situazioni pericolose.
    • Sviluppare regole per gestire i dati in modo sicuro per i progetti di comunità.
  • Modi di essere (Attitudini Solidali e Decoloniali):
    • Impegnarsi con passione perché la conoscenza, l’informazione e la cultura siano beni comuni di tutti, accessibili, comprensibili e riutilizzabili da chiunque nel mondo, per una maggiore giustizia e solidarietà.
    • Rispettare e difendere il diritto delle persone e delle comunità di decidere sui propri dati e informazioni. Questo include il diritto di non essere digitalizzati, di non usare certe piattaforme, di cancellare i propri dati o di decidere come possono essere usati (per esempio, attraverso regole decise dai popoli indigeni per i loro dati).
    • Promuovere la massima trasparenza, la partecipazione di tutti e la responsabilità nella gestione dei dati, degli algoritmi e delle infrastrutture digitali, a livello locale e mondiale.
    • Sostenere la creazione di “beni comuni di dati” (data commons), di cooperative di dati gestite dagli utenti e di modelli di gestione dei dati basati sulla fiducia e sul vantaggio per tutti.
    • Opporsi con forza a ogni tentativo di mettere brevetti sulla vita, sui saperi tradizionali e sui semi.

AREA DI COMPETENZA 2: COMUNICARE, COLLABORARE IN MODO PARITARIO E COSTRUIRE COMUNITÀ SOLIDALI, INCLUSIVE E CHE PORTANO AL CAMBIAMENTO

Descrizione dell’area:

Quest’area si concentra su come usare le tecnologie digitali per comunicare e collaborare meglio. La comunicazione e la collaborazione devono basarsi sull’ascolto reciproco, sull’essere tutti sullo stesso piano (orizzontalità), sull’includere attivamente tutte le persone (specialmente donne, persone con disabilità e persone di culture diverse) e sulla costruzione di comunità (digitali o miste) forti, solidali e capaci di agire insieme.

Si tratta di creare e partecipare a spazi digitali sicuri, senza offese o discriminazioni. Si tratta anche di usare gli strumenti digitali per aiutarsi a vicenda, combattendo l’egoismo e lo sfruttamento delle relazioni umane da parte delle grandi aziende.

2.1 Parlare e interagire con gli altri usando le tecnologie digitali in modo etico, rispettoso, inclusivo e non violento

  • Cosa imparare a fare:
    • Interagire e comunicare usando diverse tecnologie digitali (scegliendo preferibilmente quelle etiche, gratuite, aperte e non controllate da un solo centro) in modo consapevole e rispettoso delle diverse identità e sensibilità. Includere attivamente tutti e non usare la violenza.
    • Capire e usare strumenti e modi di comunicare che aiutino l’ascolto, l’empatia (cioè capire come si sentono gli altri), il mettersi d’accordo e risolvere i conflitti in modo positivo. Combattere l’odio online, il bullismo su internet (cyberbullismo) e le offese.
  • Cose da sapere (Consapevolezze Critiche):
    • Sapere che il modo in cui sono costruiti i social media più usati può spingere le persone a dividersi, a essere aggressive e a comunicare in modo superficiale.
    • Essere consapevoli della violenza contro le donne online, del razzismo presente negli algoritmi e delle campagne d’odio organizzate.
    • Capire l’importanza di usare un linguaggio che includa tutti e di comunicare in modo non ostile.
  • Cose da fare (Pratiche Trasformative):
    • Usare tecniche di comunicazione nonviolenta (spesso abbreviata CNV) quando si parla online.
    • Gestire e partecipare a spazi digitali che hanno regole di comportamento inclusive e che combattono l’oppressione.
    • Segnalare e combattere i discorsi d’odio e le offese.
    • Usare strumenti di messaggistica sicuri e con messaggi segreti (crittografati) per le comunicazioni importanti.
    • Promuovere l’uso di pronomi e linguaggi che rispettano come ogni persona si sente (autodeterminazione di genere).
  • Modi di essere (Attitudini Solidali e Decoloniali):
    • Impegnarsi a creare e mantenere spazi di dialogo digitale sicuri e accoglienti per tutti, specialmente per le persone che appartengono a gruppi messi da parte.
    • Ascoltare con attenzione e dare valore alle esperienze degli altri.
    • Essere un alleato nella lotta contro ogni forma di discriminazione e violenza online.

2.2 Condividere informazioni e risorse con le tecnologie digitali per aiutarsi a vicenda e agire insieme

  • Cosa imparare a fare:
    • Condividere dati, informazioni, conoscenze e risorse digitali con altri usando le tecnologie giuste (preferendo piattaforme cooperative e non controllate da un solo centro).
    • L’obiettivo è promuovere l’aiuto reciproco (mutualismo), la solidarietà, l’organizzazione delle comunità e l’azione di tutti per la giustizia sociale e ambientale.
    • Comportarsi in modo responsabile quando si condividono informazioni, rispettando da dove vengono e aiutando tutti a capirle.
  • Cose da sapere (Consapevolezze Critiche):
    • Capire che le reti digitali possono aiutare le persone a organizzarsi dal basso e a protestare, ma che c’è anche il rischio di essere controllati o repressi.
    • Sapere che la “sharing economy” (economia della condivisione) promossa dalle grandi aziende è spesso un modo mascherato per sfruttare le persone.
    • Riconoscere il valore di creare “beni comuni” digitali (commoning digitale).
  • Cose da fare (Pratiche Trasformative):
    • Partecipare e contribuire a piattaforme di aiuto reciproco (mutual aid), banche del tempo digitali, gruppi di acquisto solidale online e cooperative di consumo consapevole.
    • Usare strumenti digitali per coordinare campagne di attivismo, raccolte di soldi per cause sociali e iniziative di solidarietà nella comunità.
    • Condividere apertamente competenze e risorse.
  • Modi di essere (Attitudini Solidali e Decoloniali):
    • Essere generosi nel condividere informazioni e risorse utili per la comunità.
    • Promuovere una cultura dell’aiuto reciproco e della cooperazione.
    • Impegnarsi a usare le tecnologie per costruire ponti e reti di solidarietà tra persone di luoghi diversi, anche di paesi diversi.

2.3 Essere cittadini digitali attivi e che portano al cambiamento attraverso le tecnologie

  • Cosa imparare a fare:
    • Partecipare attivamente alla vita sociale, politica e culturale usando le tecnologie digitali in modo critico e consapevole.
    • L’obiettivo è promuovere la giustizia sociale, i diritti umani, la democrazia partecipativa (dove tutti possono dire la loro) e la protezione dell’ambiente.
    • Usare gli strumenti digitali per difendere cause importanti, per controllare cosa fanno i potenti, per denunciare le ingiustizie e per progettare insieme politiche pubbliche più giuste. Combattere l’indifferenza, il pessimismo e il delegare sempre agli altri.
  • Cose da sapere (Consapevolezze Critiche):
    • Riconoscere che i modi di “partecipare” offerti da governi o aziende attraverso le loro piattaforme sono spesso limitati e non danno vero potere alle persone. A volte servono più a controllare che a far partecipare davvero.
    • Essere consapevoli del “digital divide”, cioè delle differenze nell’accesso alle tecnologie e nelle capacità di usarle, che non permettono a tutti di partecipare allo stesso modo.
    • Capire cos’è il “tecno-soluzionismo” (l’idea che la tecnologia possa risolvere tutti i problemi) e i suoi rischi.
  • Cose da fare (Pratiche Trasformative):
    • Usare piattaforme per lanciare petizioni online, strumenti di giornalismo fatto dai cittadini e di mappatura delle ingiustizie fatta dalle comunità.
    • Partecipare a consultazioni pubbliche online con proposte informate e critiche.
    • Organizzare e partecipare a forme di protesta e disobbedienza civile digitale basate su principi etici.
    • Sviluppare e usare tecnologie civiche (Civic Tech) gratuite e aperte (open source).
  • Modi di essere (Attitudini Solidali e Decoloniali):
    • Credere fortemente che una cittadinanza digitale attiva e critica possa cambiare le cose in meglio.
    • Impegnarsi perché tutti abbiano un accesso giusto alle tecnologie e alle competenze per partecipare.
    • Promuovere la trasparenza e la responsabilità delle istituzioni attraverso il controllo fatto dai cittadini con strumenti digitali.

2.4 Collaborare e creare insieme attraverso tecnologie digitali in modo paritario, inclusivo e contro ogni oppressione

  • Cosa imparare a fare:
    • Usare strumenti e tecnologie digitali per collaborare e creare insieme (conoscenza, arte, programmi per computer, soluzioni a problemi comuni).
    • Questa collaborazione deve basarsi sull’essere tutti sullo stesso piano, sul decidere insieme, sul valorizzare le diversità, sul dividere il potere in modo giusto e sul prevenire attivamente comportamenti oppressivi o discriminatori.
    • Scegliere piattaforme e metodi che aiutino la proprietà collettiva (cioè di tutti) e la gestione comunitaria dei risultati.
  • Cose da sapere (Consapevolezze Critiche):
    • Sapere che i problemi di potere e privilegio che esistono nella società normale possono ripetersi e peggiorare negli spazi di collaborazione online, se non li combattiamo attivamente.
    • Essere consapevoli che il lavoro di cura e il contributo delle donne e dei gruppi messi da parte nei progetti collettivi rischiano di non essere visti.
    • Criticare i modelli di “innovazione aperta” delle aziende che sfruttano il lavoro gratuito delle comunità.
  • Cose da fare (Pratiche Trasformative):
    • Usare piattaforme collaborative gratuite e aperte (open source) (per esempio, wiki, forum non centralizzati, siti per condividere codice in modo etico) che permettano una gestione partecipata.
    • Adottare e promuovere metodi per facilitare la partecipazione di tutti e per prendere decisioni insieme (o con il consenso modificato) nei gruppi online.
    • Contribuire a progetti di software libero, hardware aperto (apparecchi elettronici aperti) o design aperto (progettazione aperta) con licenze copyleft (che obbligano a ricondividere allo stesso modo).
    • Dare il giusto riconoscimento al contributo di tutti in modo trasparente.
  • Modi di essere (Attitudini Solidali e Decoloniali):
    • Valorizzare molto la saggezza collettiva e la forza del creare insieme in modo paritario.
    • Impegnarsi attivamente a creare ambienti di collaborazione dove ogni voce sia ascoltata e valorizzata, e dove si combattono le oppressioni.
    • Promuovere la condivisione del potere e delle responsabilità.

2.5 Netiquette (buone maniere online) e cura delle relazioni digitali con un’attenzione femminista e contro ogni oppressione

  • Cosa imparare a fare:
    • Essere consapevoli delle regole (scritte e non scritte) di comportamento e del “saper fare” nelle relazioni per interagire in modo positivo, etico e attento agli altri negli ambienti digitali.
    • Adottare e promuovere modi di comunicare e di relazionarsi che tengano conto delle differenze culturali, di età, di genere, di abilità e di esperienze di vita. Farlo con un’attenzione femminista (che considera le diverse esperienze delle donne e le ingiustizie di genere) e contro ogni oppressione, coltivando la fiducia, il rispetto reciproco e la responsabilità di tutti per il benessere della comunità online.
  • Cose da sapere (Consapevolezze Critiche):
    • Capire che la “netiquette” tradizionale può riflettere le norme culturali dominanti e non bastare per garantire spazi sicuri e inclusivi per tutti.
    • Riconoscere l’importanza del lavoro emotivo e di cura (spesso non visto e fatto soprattutto da donne) per mantenere sane le comunità online.
    • Essere consapevoli dell’effetto del linguaggio e delle piccole aggressioni verbali (micro-aggressioni).
  • Cose da fare (Pratiche Trasformative):
    • Praticare l’ascolto attivo e l’empatia (capire gli altri) nelle comunicazioni digitali.
    • Chiedere e offrire commenti utili per migliorare.
    • Intervenire per calmare i conflitti e per sostenere chi è attaccato.
    • Usare avvisi per contenuti sensibili (trigger warnings) e descrizioni delle immagini per renderle accessibili a tutti.
    • Promuovere la cultura del consenso (essere d’accordo) anche nelle interazioni digitali.
  • Modi di essere (Attitudini Solidali e Decoloniali):
    • Assumersi la responsabilità di contribuire a un clima positivo e di sostegno nelle relazioni.
    • Fare attenzione alle dinamiche di potere e cercare di equilibrarle.
    • Mostrare rispetto per i limiti personali e per i tempi di risposta degli altri.
    • Essere disposti a imparare e a mettersi in discussione per migliorare il proprio modo di relazionarsi.

2.6 Gestire le proprie identità digitali in modo consapevole, resistendo al controllo e alla sorveglianza

  • Cosa imparare a fare:
    • Creare e gestire una o più identità digitali (cioè come ci presentiamo online) in modo consapevole, strategico e sicuro. Proteggere la propria reputazione e quella degli altri da attacchi e manipolazioni.
    • Capire e gestire i dati e le tracce che lasciamo usando diversi strumenti e servizi digitali.
    • Resistere attivamente al fatto che le aziende e i governi raccolgano informazioni su di noi per controllarci (profilazione pervasiva, sorveglianza di massa) o per usare i nostri dati personali per scopi commerciali o per reprimerci.
    • Affermare il diritto di rimanere anonimi (cioè non far sapere chi siamo) o di usare uno pseudonimo (un nome inventato) quando serve per la sicurezza e la libertà di parola.
  • Cose da sapere (Consapevolezze Critiche):
    • Sapere che ogni cosa che facciamo online lascia tracce digitali. Queste tracce vengono raccolte e analizzate da Stati e aziende per controllarci, per guadagnare o per manipolarci. Capire come funziona il “capitalismo della sorveglianza” (un sistema economico basato sul controllo dei dati).
    • Riconoscere i rischi del furto d’identità e del “doxxing” (quando informazioni private di una persona vengono pubblicate online senza il suo permesso).
  • Cose da fare (Pratiche Trasformative):
    • Usare strumenti per navigare su internet in modo anonimo (per esempio, Tor Browser), VPN etiche (programmi che nascondono da dove ci colleghiamo), email temporanee e crittografia (messaggi segreti) per proteggere la propria privacy.
    • Condividere il meno possibile i dati personali non necessari.
    • Usare pseudonimi quando è giusto farlo.
    • Sostenere e usare piattaforme non centralizzate e federate (come Mastodon o Matrix) che danno maggiore controllo sui dati.
    • Esercitare il diritto di far cancellare i propri dati (diritto all’oblio) o di trasferirli quando è possibile.
  • Modi di essere (Attitudini Solidali e Decoloniali):
    • Difendere il diritto alla privacy come base della libertà e della dignità umana.
    • Essere critici verso l’idea che la sorveglianza sia normale.
    • Sostenere le lotte per il controllo dei propri dati (data sovereignty) e per la protezione dei dati di chi denuncia cose sbagliate (whistleblower) e degli attivisti.
    • Promuovere una cultura della consapevolezza sulla privacy e sulla sicurezza digitale.

Elenco degli interventi linguistici e motivazioni (secondo le Linee Guida):

  1. Uso di parole facili da capire e conosciute: (Guideline 6, Guideline 7 )
    • Motivazione: Il testo originale usa un lessico molto specialistico e accademico (es. “imperiosamente”, “disuguaglianze strutturali”, “pervasive dinamiche di potere neocoloniali”, “logiche estrattive”, “olistico”, “epistemicidio culturale”, “supremazia cognitiva”, “serendipità”, “tecno-soluzionismo”). Questi termini sono stati sostituiti con parole di uso comune o spiegati estesamente per facilitare la comprensione da parte di persone con disabilità intellettiva o difficoltà di lettura. Ad esempio, “oligopoli transnazionali prevalentemente occidentali” è stato semplificato in “poche grandi aziende tecnologiche, soprattutto dei paesi occidentali”.
  2. Spiegazione di parole difficili o concetti complessi: (Guideline 8 )
    • Motivazione: Quando un termine tecnico o un concetto astratto era indispensabile, è stata fornita una spiegazione chiara e semplice, spesso con esempi. Ad esempio, “femminismo intersezionale”, “epistemicidio culturale”, “algoritmi”, “filter bubbles”, “estrattivismo dei dati”, “software libero e open source”, “hardware aperto”, “FPIC”, “FAIR e CARE data”, “CNV”, “sharing economy”, “digital divide”, “tecno-soluzionismo”, “copyleft”, “trigger warnings”, “capitalismo della sorveglianza”, “doxxing”, “Tor Browser”, “VPN” sono stati spiegati. Questo aiuta le persone a comprendere argomenti che potrebbero non conoscere.
  3. Uso di frasi brevi: (Guideline 14, Guideline 19 )
    • Motivazione: Il testo originale è caratterizzato da periodi molto lunghi e con molte subordinate. Le frasi sono state accorciate, esprimendo un solo concetto per frase o poche idee strettamente collegate. Questo riduce il carico cognitivo e facilita la lettura e la comprensione.
  4. Organizzazione chiara delle informazioni: (Guideline 18, Guideline 19 )
    • Motivazione: È stata mantenuta la struttura generale del testo originale (introduzione, obiettivi, aree di competenza con sottosezioni), ma il contenuto di ogni sezione è stato presentato in modo più schematico, usando elenchi puntati per i concetti chiave e per gli esempi di “Consapevolezze Critiche”, “Pratiche Trasformative” e “Attitudini Solidali e Decoloniali”. Questo aiuta a seguire il discorso e a trovare le informazioni importanti.
  5. Evitare o spiegare sigle e abbreviazioni: (Guideline 12 )
    • Motivazione: Sigle come GAFAM, BATX, FOSS, CDA, PGP/GPG, FPIC, FAIR, CARE, CNV, VPN sono state sciolte o spiegate. Questo è fondamentale perché le sigle possono essere incomprensibili per chi non le conosce.
  6. Evitare concetti difficili come le metafore (o spiegarli): (Guideline 10 )
    • Motivazione: Espressioni come “orizzonte digitale”, “supremazia cognitiva”, “logiche estrattive”, “bolle algoritmiche”, “capitalismo della sorveglianza” sono state trasformate in linguaggio più concreto o spiegate in termini semplici.
  7. Uso della forma attiva: (Guideline 17 )
    • Motivazione: Laddove possibile, le frasi sono state volge alla forma attiva per rendere il testo più diretto e facile da capire, come suggerito. Ad esempio, invece di “Le persone possono avere l’impressione di non essere in grado di leggere un libro così lungo” (forma passiva implicita del percepire), si preferisce una costruzione attiva come “Le persone possono pensare di non riuscire a leggere un libro così lungo”.
  8. Parlare direttamente alle persone: (Guideline 15 )
    • Motivazione: È stato usato un linguaggio che si rivolge più direttamente al lettore (es. “Dobbiamo cambiare…”, “Cosa imparare a fare:”, “Cose da sapere”).
  9. Preferenza per il tempo presente: (Guideline 42 )
    • Motivazione: Per le descrizioni e le spiegazioni generali, si è cercato di usare il tempo presente per rendere il testo più immediato.
  10. Ripetizione di informazioni importanti o spiegazioni: (Guideline 20 )
    • Motivazione: Alcuni concetti chiave (es. “algoritmi”, “epistemicidio culturale”) sono stati ripresi o ridefiniti in contesti diversi per assicurarne la comprensione.
  11. Attenzione alla grafica (implicita nella struttura): (Guideline 1 per la leggibilità generale, Guideline 26 per gli elenchi puntati)
    • Motivazione: Sebbene non si possa intervenire sulla grafica finale, la struttura con molti elenchi puntati e paragrafi brevi e distanziati (come presentati nella semplificazione) mira a migliorare la leggibilità e l’organizzazione visiva del testo, rendendolo meno denso.

L’obiettivo generale è stato quello di rendere accessibili concetti molto complessi e un linguaggio altamente specialistico, mantenendo l’essenza del messaggio originale ma adattandolo alle esigenze di un pubblico più ampio, come indicato dalle Linee Guida.

Certamente. Ecco la continuazione della semplificazione del testo, seguita dall’elencazione aggiornata degli interventi linguistici e delle loro motivazioni.


Testo Semplificato (Continuazione):

AREA DI COMPETENZA 3: CREARE CONTENUTI DIGITALI GIUSTI, FACILI DA USARE, ACCESSIBILI A TUTTI, CHE RISPETTINO TUTTE LE CULTURE E SIANO UTILI ALLA DIVERSITÀ

Descrizione dell’area:

Quest’area riguarda la capacità di creare, cambiare e condividere contenuti digitali. I contenuti digitali possono essere testi, immagini, suoni o cose interattive.

Dobbiamo imparare a esprimerci con i mezzi digitali in modo etico (cioè giusto e rispettoso), creativo, accessibile a tutti e sapendo quali sono le nostre responsabilità.

È importante promuovere la diversità delle culture e delle lingue. Dobbiamo usare strumenti e licenze aperte (cioè permessi che lasciano usare e modificare i contenuti liberamente). Dobbiamo progettare le cose in modo che tutti possano usarle, anche le persone con disabilità (questo si chiama “accessibilità universale” e combatte l’abilismo, cioè le discriminazioni contro le persone con disabilità).

Dobbiamo anche aiutare a “decolonizzare” i contenuti digitali. Decolonizzare significa cambiare i contenuti che mostrano solo il punto di vista dei paesi dominanti e che ripetono idee vecchie e sbagliate (stereotipi) o racconti che favoriscono chi ha più potere.

Incoraggiamo l’uso di tecnologie “conviviali”, cioè facili da usare e che aiutano le persone. Critichiamo l’idea di trasformare la creatività in una merce da vendere.

3.1 Creare contenuti digitali accessibili a tutti, che mostrino tanti punti di vista e che sfidino le idee dominanti

  • Cosa imparare a fare:
    • Creare e modificare contenuti digitali in diversi formati (testi, immagini, audio, video, codice per computer, ecc.).
    • Assicurarsi che questi contenuti siano il più possibile accessibili a persone con diverse abilità e bisogni (combattendo l’abilismo).
    • Esprimersi con i mezzi digitali promuovendo la diversità delle culture, delle lingue e dei generi (maschile, femminile, altro).
    • Sfidare attivamente i racconti dominanti, gli stereotipi (idee fisse e preconcetti) e le rappresentazioni che derivano dal colonialismo, dal patriarcato (cioè il dominio maschile) o dall’abilismo.
    • Preferire formati aperti (che tutti possono usare) e interoperabili (che funzionano con sistemi diversi).
  • Cose da sapere (Consapevolezze Critiche):
    • Capire che la maggior parte dei contenuti digitali più diffusi mostra soprattutto il punto di vista occidentale (europeo e nordamericano), bianco, maschile, eterosessuale e di persone senza disabilità.
    • Riconoscere che gli stereotipi e la mancanza di rappresentazione di alcuni gruppi di persone fanno male.
    • Sapere che ci sono regole importanti per rendere i contenuti accessibili (come le WCAG, che sono linee guida per l’accessibilità del web) e che non basta solo la tecnica per includere tutti.
  • Cose da fare (Pratiche Trasformative):
    • Usare strumenti e tecniche per creare contenuti digitali accessibili. Per esempio: scrivere un testo alternativo per le immagini (così chi non vede può sapere cosa c’è nell’immagine), mettere sottotitoli e trascrizioni per i video, usare una struttura chiara per i testi, scegliere colori con un buon contrasto.
    • Creare contenuti insieme a persone che appartengono a gruppi poco rappresentati. È importante che queste persone possano decidere come raccontare la loro storia.
    • Produrre contenuti in lingue meno parlate o lingue dei popoli indigeni.
    • Usare il linguaggio con attenzione per evitare parole o frasi sessiste (contro le donne), razziste (contro persone di altre origini) o abiliste (contro persone con disabilità).
  • Modi di essere (Attitudini Solidali e Decoloniali):
    • Impegnarsi a creare contenuti che diano voce e spazio alle storie di chi di solito è escluso o messo da parte.
    • Essere sensibili e rispettosi delle diverse culture e delle diverse abilità.
    • Promuovere attivamente una cultura digitale con tanti punti di vista, tante lingue e accessibile a tutti.

3.2 Modificare e riutilizzare contenuti digitali in modo etico e per cambiare le cose, valorizzando i beni comuni e la cultura del “remix” rispettoso

  • Cosa imparare a fare:
    • Modificare, migliorare e mettere insieme informazioni e contenuti digitali che già esistono (specialmente quelli con licenze aperte o che sono di tutti, cioè nel pubblico dominio).
    • L’obiettivo è creare conoscenze e opere nuove, originali e importanti.
    • Questo deve essere fatto in modo etico, rispettando chi ha creato i contenuti originali (specialmente se sono comunità o persone messe da parte).
    • Bisogna contribuire a creare “beni comuni” digitali (cose digitali che sono di tutti e gestite da tutti).
    • Promuovere una cultura del “remix” (cioè mescolare e trasformare contenuti esistenti per crearne di nuovi) che sia rispettosa di tutte le culture, critica e che voglia cambiare le cose in meglio. Non un remix superficiale o che si appropria delle cose degli altri senza rispetto.
  • Cose da sapere (Consapevolezze Critiche):
    • Capire che c’è il rischio di “appropriazione culturale” (cioè prendere elementi di una cultura non propria senza capirla o rispettarla) e di togliere dal contesto i contenuti quando si modificano cose che vengono da culture non dominanti.
    • Sapere che il “remix” può essere uno strumento per criticare e ribaltare le idee dominanti, ma può anche ripetere stereotipi se non usato con attenzione.
    • Riconoscere il valore del lavoro creativo e intellettuale anche quando non è protetto da regole di copyright molto severe.
  • Cose da fare (Pratiche Trasformative):
    • Citare sempre correttamente e con rispetto le fonti, specialmente se si tratta di saperi tradizionali o di comunità.
    • Chiedere il permesso quando serve, anche se la legge non lo obbliga.
    • Usare il remix e la parodia (cioè l’imitazione per prendere in giro o criticare) per criticare i racconti dominanti e per creare significati nuovi.
    • Contribuire attivamente a progetti dove si creano insieme beni comuni digitali (per esempio, mappe aperte, enciclopedie scritte da tanti che rispettino tutte le culture).
  • Modi di essere (Attitudini Solidali e Decoloniali):
    • Dare valore alla condivisione e alla collaborazione creativa.
    • Fare attenzione a non sfruttare o rendere banale il lavoro degli altri, specialmente quello di gruppi oppressi.
    • Promuovere un modo di fare remix che sia basato sul dialogo, sul rispetto e che voglia arricchire tutti e creare giustizia tra i saperi.

3.3 Copyright, licenze aperte e beni comuni digitali: promuovere la condivisione, il controllo collettivo sulla conoscenza e combattere la vendita di tutto

  • Cosa imparare a fare:
    • Capire bene come funzionano il copyright (diritto d’autore) e le licenze (permessi d’uso, sia quelli che chiudono l’accesso sia quelli aperti) per i dati e i contenuti digitali.
    • Riconoscere che le regole attuali sulla proprietà intellettuale spesso favoriscono le grandi aziende occidentali e la trasformazione della conoscenza in merce da vendere.
    • Promuovere attivamente l’uso di licenze aperte (per esempio, Creative Commons, GPL) e la creazione di beni comuni digitali.
    • Questo serve per favorire la condivisione, l’accesso giusto per tutti, la collaborazione e il controllo collettivo sulla conoscenza, combattendo lo sfruttamento delle informazioni.
  • Cose da sapere (Consapevolezze Critiche):
    • Sapere che il sistema del copyright attuale è spesso uno strumento di potere che limita l’accesso alla cultura e alla conoscenza, specialmente per i paesi del Sud del mondo e per i gruppi messi da parte.
    • Capire la differenza tra copyright (diritti economici) e diritto d’autore morale (diritto di essere riconosciuto come autore).
    • Criticare l’idea di mettere brevetti sulla vita e sui saperi tradizionali.
    • Riconoscere come il sistema capitalista dell’informazione trasformi ogni prodotto culturale in una merce.
  • Cose da fare (Pratiche Trasformative):
    • Pubblicare i propri contenuti digitali (quando è giusto farlo) con licenze Creative Commons che incoraggiano la condivisione e il riutilizzo (per esempio, CC BY, CC BY-SA).
    • Usare e promuovere l’uso di software libero e open source (cioè programmi gratuiti e modificabili).
    • Sostenere campagne per cambiare le leggi sul copyright in modo più giusto e per aumentare le cose che sono di tutti (pubblico dominio).
    • Partecipare a iniziative per creare archivi di conoscenze tradizionali gestiti dalle comunità stesse.
  • Modi di essere (Attitudini Solidali e Decoloniali):
    • Credere fortemente che la conoscenza e la cultura debbano essere accessibili e condivisibili il più possibile.
    • Opporsi alla chiusura e alla privatizzazione dei saperi.
    • Sostenere modi di produrre e diffondere la conoscenza basati sulla cooperazione e sul bene comune, invece che sul guadagno individuale e sull’esclusione.

3.4 Programmare e sviluppare tecnologie “conviviali”, comunitarie e rispettose di tutte le culture: tecnologie per l’autonomia e la riparabilità, non per il controllo o per farle rompere presto

  • Cosa imparare a fare:
    • Pianificare e sviluppare (o aiutare a sviluppare) istruzioni che un computer può capire (codice) per risolvere problemi specifici o fare cose utili per tutti.
    • Questo lavoro deve mirare a creare tecnologie “conviviali”. Ivan Illich, un pensatore, diceva che gli strumenti conviviali sono quelli che le persone possono capire, controllare, adattare e riparare.
    • Queste tecnologie devono essere comunitarie (sviluppate con e per le comunità) e “decolonizzate” (cioè che non contengano pregiudizi occidentali o sistemi di controllo).
    • Combattere l'”obsolescenza programmata” (cioè quando le cose sono fatte per rompersi presto), i sistemi chiusi (che non si possono modificare) e l’uso della programmazione per sfruttare dati o per sorvegliare.
  • Cose da sapere (Consapevolezze Critiche):
    • Capire come la progettazione dei programmi (software) e degli apparecchi (hardware) possa contenere valori e idee politiche specifiche (per esempio, design che rende difficile l’uso, sistemi centralizzati, dipendenza da servizi cloud di grandi aziende).
    • Essere consapevoli dell’impatto sull’ambiente e sulla società dell’obsolescenza programmata e della difficoltà di riparare molti apparecchi moderni.
    • Riconoscere il ruolo del “micro-lavoro” nascosto (spesso fatto da persone nei paesi del Sud del mondo, pagate poco) per insegnare alle intelligenze artificiali e per controllare i contenuti online.
  • Cose da fare (Pratiche Trasformative):
    • Imparare e usare linguaggi di programmazione e strumenti di sviluppo gratuiti e aperti (open source).
    • Contribuire a progetti di software libero e hardware aperto (cioè apparecchi con schemi pubblici).
    • Progettare e sviluppare applicazioni decentralizzate (DApps, cioè non controllate da un solo centro) o federate (fatte di tante piccole parti che lavorano insieme).
    • Promuovere e praticare la riparazione degli apparecchi elettronici.
    • Sostenere iniziative di “coding popolare” (insegnare a programmare a tutti) e di educazione tecnologica critica nelle comunità.
    • Sviluppare strumenti che aiutino a scoprire i pregiudizi negli algoritmi o a proteggere la privacy.
  • Modi di essere (Attitudini Solidali e Decoloniali):
    • Vedere la programmazione come un lavoro artigianale e un’azione politica, non solo come una capacità tecnica.
    • Impegnarsi a creare tecnologie che rendano le persone più libere, che siano sostenibili per l’ambiente e che servano alle persone e alle comunità, non al guadagno o al controllo.
    • Promuovere la trasparenza del codice (cioè far vedere come è fatto un programma) e la gestione comunitaria dei progetti software.

AREA DI COMPETENZA 4: SICUREZZA DIGITALE PER TUTTI, AUTODIFESA DIGITALE E CURA DELLE INFRASTRUTTURE (STRUMENTI E RETI) COMUNITARIE, DELL’AMBIENTE E DELLE RELAZIONI

Descrizione dell’area:

Quest’area si concentra su un modo completo e collettivo di pensare alla sicurezza digitale. Questo modo tiene conto delle diverse situazioni delle persone (approccio intersezionale).

Non basta proteggere solo se stessi. Bisogna pensare al benessere e alla forza delle comunità. Bisogna resistere attivamente alla sorveglianza da parte degli Stati e delle grandi aziende. Bisogna combattere la violenza digitale (specialmente quella contro le donne o basata sull’origine delle persone).

Bisogna anche prendersi cura attivamente delle infrastrutture digitali delle comunità e dell’ambiente, che soffre per colpa delle tecnologie.

Si tratta di imparare pratiche di autodifesa digitale (cioè come proteggersi da soli), promuovere la “sovranità tecnologica” (cioè il diritto delle comunità di decidere sulla propria tecnologia) e agire per ridurre moltissimo l’impatto del digitale sull’ambiente.

4.1 Proteggere apparecchi, dati, comunicazioni e comunità da sorveglianza, sfruttamento, censura e violenza digitale

  • Cosa imparare a fare:
    • Capire e usare strumenti e pratiche per proteggere i propri apparecchi (computer, telefoni) e quelli della comunità.
    • Proteggere i dati personali e quelli di tutti, e le comunicazioni, da chi vuole entrare senza permesso.
    • Proteggersi dalla sorveglianza continua (da parte di Stati e aziende), dalla censura (quando non lasciano dire o vedere certe cose), dagli attacchi informatici e dalla violenza digitale (come il “doxing” – pubblicare informazioni private di qualcuno, il “trolling” organizzato – disturbare e provocare online in gruppo, l'”hate speech” – discorsi d’odio).
    • Fare particolare attenzione a proteggere attivisti, giornalisti, minoranze e gruppi più deboli.
  • Cose da sapere (Consapevolezze Critiche):
    • Sapere che gli Stati e le grandi aziende tecnologiche possono sorvegliare tantissime persone. Usano questa sorveglianza per controllare la società, reprimere chi non è d’accordo e per guadagnare.
    • Riconoscere che la scusa della “sicurezza nazionale” è spesso usata per violare i diritti umani.
    • Capire le tattiche usate online per spaventare e censurare chi difende i diritti umani e chi critica il potere.
    • Sapere che il “micro-lavoro” di controllo dei contenuti online è spesso pesante psicologicamente e pagato poco.
  • Cose da fare (Pratiche Trasformative):
    • Usare la crittografia “end-to-end” per le comunicazioni (cioè messaggi segreti che solo mittente e destinatario possono leggere, per esempio con Signal o ProtonMail).
    • Usare password difficili da indovinare e programmi sicuri per gestirle.
    • Usare sistemi operativi (come Linux o Tails) e programmi che si concentrano sulla privacy.
    • Partecipare a corsi di autodifesa digitale e organizzarli per la propria comunità.
    • Sostenere e usare reti che rendono anonimi (come Tor) quando serve.
    • Documentare e denunciare i casi di censura e violenza digitale.
  • Modi di essere (Attitudini Solidali e Decoloniali):
    • Considerare la sicurezza digitale una responsabilità di tutti e una forma di aiuto reciproco.
    • Essere solidali con le persone e i gruppi più a rischio di sorveglianza e repressione.
    • Promuovere una cultura della sicurezza dentro i movimenti sociali e le comunità.
    • Battersi per il diritto alla privacy e alla libertà di parola online e offline.

4.2 Proteggere i dati personali e collettivi come beni comuni, promuovendo il controllo delle comunità sulle informazioni e combattendo lo sfruttamento digitale

  • Cosa imparare a fare:
    • Capire il valore dei dati personali e collettivi (inclusi i saperi tradizionali e delle comunità) e proteggerli dallo sfruttamento da parte di aziende e Stati.
    • Promuovere modi di gestire i dati basati sul diritto delle comunità di decidere sulle proprie informazioni (“sovranità informativa”), sul consenso informato (cioè sapere bene a cosa si dice di sì), sulla raccolta del minor numero possibile di dati e sulla gestione collettiva dei dati come beni comuni digitali.
    • Opporsi alla trasformazione dei dati in merce e all’uso di algoritmi poco chiari che sfruttano questi dati per discriminare o per fare profitto.
  • Cose da sapere (Consapevolezze Critiche):
    • Capire che molte piattaforme digitali guadagnano estraendo e vendendo i dati personali (questo si chiama “capitalismo della sorveglianza”).
    • Riconoscere che i dati di intere comunità possono avere un valore enorme e che le comunità stesse dovrebbero controllarli.
    • Essere consapevoli dei rischi del “colonialismo dei dati”: succede quando i dati dei paesi del Sud del mondo vengono raccolti e usati da aziende dei paesi del Nord del mondo.
  • Cose da fare (Pratiche Trasformative):
    • Lasciare meno tracce digitali possibile, dando solo i dati veramente necessari.
    • Leggere con attenzione (e rifiutare quando possibile) le informative sulla privacy che chiedono troppi dati.
    • Sostenere e usare piattaforme che raccolgono pochi dati e che sono progettate pensando alla privacy fin dall’inizio.
    • Partecipare a iniziative per creare “data trust” (fondi fiduciari di dati) comunitari o cooperative di dati.
    • Promuovere l’uso di licenze per i dati che ne garantiscano un uso etico e a vantaggio della comunità.
  • Modi di essere (Attitudini Solidali e Decoloniali):
    • Difendere il diritto di decidere sui propri dati e sui dati della propria comunità.
    • Opporsi all’idea che i dati siano il “nuovo petrolio” da prendere senza limiti.
    • Promuovere una visione dei dati come una possibile risorsa per il benessere di tutti, se gestiti in modo giusto, trasparente e con la partecipazione delle persone.

4.3 Promuovere il benessere digitale di tutti, combattendo gli ambienti online dannosi, la dipendenza creata dalle piattaforme e l’invasione dell’istruzione da parte delle aziende

  • Cosa imparare a fare:
    • Essere consapevoli dell’effetto delle tecnologie digitali sulla salute mentale, fisica e sulle relazioni, sia per le singole persone che per i gruppi.
    • Promuovere pratiche di benessere digitale basate sulla cura di sé e degli altri, sul disconnettersi consapevolmente per un po’, sulla gestione dello stress dovuto all’essere sempre connessi e sulla creazione di ambienti online più sani, capaci di capire gli altri (empatici) e meno dannosi.
    • Combattere attivamente il modo in cui le piattaforme sono progettate per creare dipendenza.
    • Combattere l’invasione degli spazi educativi (come le scuole) da parte di sistemi e strumenti di grandi aziende che trasformano l’apprendimento in una merce.
  • Cose da sapere (Consapevolezze Critiche):
    • Riconoscere che le notifiche continue, il design che cerca di convincerci a fare cose (persuasivo) e gli algoritmi dei social media sono progettati per farci passare più tempo possibile online e per farci sviluppare abitudini compulsive (che non riusciamo a controllare).
    • Essere consapevoli dei rischi di cyberbullismo, discorsi d’odio, FOMO (Fear Of Missing Out, cioè la paura di perdersi qualcosa) e del loro effetto sulla salute mentale, specialmente dei più giovani e dei gruppi più deboli.
    • Criticare la crescente dipendenza delle scuole e delle università da piattaforme e programmi a pagamento forniti da grandi aziende.
  • Cose da fare (Pratiche Trasformative):
    • Stabilire limiti personali all’uso delle tecnologie e incoraggiare pratiche di “digital detox” (disintossicazione digitale) o “slow tech” (tecnologia lenta, usata con più calma).
    • Disattivare le notifiche non indispensabili.
    • Usare strumenti per controllare e limitare il tempo passato online.
    • Promuovere e partecipare a comunità online basate sull’aiuto reciproco e sulla comunicazione nonviolenta.
    • Sostenere e usare piattaforme educative gratuite, aperte (open source) e autogestite, resistendo alla raccolta eccessiva di dati sugli studenti.
  • Modi di essere (Attitudini Solidali e Decoloniali):
    • Prendersi cura del proprio benessere digitale e di quello della propria comunità.
    • Essere capaci di capire chi soffre a causa degli ambienti online dannosi o della dipendenza dalle piattaforme.
    • Promuovere una cultura della presenza reale, dell’ascolto e delle relazioni autentiche, sia online che offline.
    • Difendere il diritto a un’istruzione pubblica, critica, non trasformata in merce e libera dall’influenza delle grandi aziende.

4.4 Proteggere l’ambiente e promuovere la giustizia per il clima e per le persone attraverso un uso consapevole, ridotto e facile delle tecnologie digitali

  • Cosa imparare a fare:
    • Essere molto consapevoli dell’impatto sull’ambiente di tutto il ciclo di vita delle tecnologie digitali. Questo ciclo comprende: l’estrazione di minerali rari, la produzione degli apparecchi, il consumo di energia di apparecchi, server (grandi computer) e reti, e i rifiuti elettronici (e-waste).
    • Promuovere una forte riduzione dei consumi digitali.
    • Promuovere la possibilità di riparare le cose, di riusarle, di riciclarle in modo responsabile.
    • Adottare tecnologie “low-tech” (a bassa tecnologia) o appropriate e “conviviali” (facili da usare e che aiutano le persone).
    • Usare le tecnologie digitali, quando necessario e in modo sostenibile (cioè rispettoso dell’ambiente), per sostenere la giustizia per il clima, il diritto delle comunità a decidere del proprio cibo (sovranità alimentare), la difesa dei territori e il passaggio a un’ecologia che parta dal basso (dalle persone).
  • Cose da sapere (Consapevolezze Critiche):
    • Capire che l’idea che il digitale non inquini (“dematerializzazione”) è falsa. Le tecnologie hanno un enorme impatto sull’ambiente e sulla società. Spesso questo impatto ricade sui paesi e sulle comunità più povere del Sud del mondo (sfruttamento di risorse, discariche di rifiuti elettronici).
    • Essere consapevoli del crescente consumo di energia legato all’intelligenza artificiale, alle criptovalute (come il Bitcoin) e allo streaming video (guardare video online).
    • Riconoscere il “greenwashing” di molte aziende tecnologiche (cioè quando si presentano come ecologiche ma non lo sono veramente).
  • Cose da fare (Pratiche Trasformative):
    • Far durare di più i propri apparecchi, ripararli quando possibile e buttarli via nel modo giusto.
    • Scegliere prodotti usati ma rimessi a nuovo (ricondizionati) o di aziende che dimostrano di essere sostenibili.
    • Ridurre lo streaming video non necessario, scaricare i contenuti invece di guardarli sempre online, limitare l’uso di grandi centri dati che consumano molta energia.
    • Sostenere e usare software leggeri e sistemi operativi a basso consumo.
    • Partecipare a iniziative di “informatica solidale” per riutilizzare gli apparecchi.
    • Usare piattaforme digitali per controllare l’inquinamento, organizzare azioni per la giustizia climatica e condividere pratiche di agricoltura ecologica.
  • Modi di essere (Attitudini Solidali e Decoloniali):
    • Promuovere un’idea di “decrescita” o di “post-crescita” (cioè crescere meno o in modo diverso) anche nel settore digitale.
    • Essere critici verso l’idea che la tecnologia possa risolvere tutti i problemi (tecno-soluzionismo) senza considerare i limiti del pianeta.
    • Sostenere le lotte delle comunità colpite dall’estrazione di minerali per le tecnologie e dallo smaltimento dei rifiuti elettronici.
    • Valorizzare i saperi tradizionali e dei popoli indigeni sulla sostenibilità. Cercare di unire questi saperi con un uso giusto e consapevole delle tecnologie.

AREA DI COMPETENZA 5: RISOLVERE PROBLEMI INSIEME E PROGETTARE INSIEME SOLUZIONI TECNOLOGICHE E SOCIALI GIUSTE, SOSTENIBILI, FACILI DA USARE E BASATE SUI BISOGNI DELLE COMUNITÀ

Descrizione dell’area:

Quest’area si concentra sulla capacità di affrontare problemi complicati (sociali, ambientali, economici, culturali) lavorando insieme. Bisogna collaborare con persone di diverse discipline e culture.

Le tecnologie digitali devono essere usate come strumenti di aiuto (e non come lo scopo finale) per:

  • Analizzare i problemi in modo critico.
  • Avere idee insieme (co-ideazione).
  • Progettare insieme (co-progettazione).
  • Mettere in pratica le soluzioni e valutarle. Le soluzioni devono essere giuste, sostenibili per l’ambiente, accessibili a tutti, adatte alle diverse culture e “conviviali” (facili da usare e che aiutano le persone). Si tratta di sfidare l’idea che la tecnologia possa risolvere tutto da sola in modo ingenuo (“tecno-soluzionismo ingenuo”). Bisogna anche sfidare i modi di fare le cose decisi dall’alto (“approcci top-down”). Invece, bisogna promuovere la partecipazione attiva delle comunità interessate, valorizzare i saperi locali e costruire alternative che cambino davvero il sistema.

5.1 Capire, analizzare e smontare problemi socio-tecnici complicati, riconoscendo le loro cause profonde (nel sistema, nel colonialismo, nel patriarcato)

  • Cosa imparare a fare:
    • Sviluppare la capacità di capire quali sono i problemi importanti per la propria comunità e per la società in generale.
    • Analizzare questi problemi a fondo per capirne le cause profonde e strutturali (economiche, politiche, culturali, storiche).
    • Capire anche come il colonialismo, il patriarcato (dominio maschile) e il capitalismo (sistema economico basato sul profitto) hanno creato ingiustizie e disuguaglianze.
    • Usare strumenti digitali per raccogliere e analizzare dati e informazioni in modo critico. Usarli anche per condividere le analisi e per capire i problemi insieme.
  • Cose da sapere (Consapevolezze Critiche):
    • Riconoscere che molti problemi che sembrano solo “tecnici” hanno in realtà cause sociali e politiche profonde.
    • Saper analizzare come le tecnologie possono mantenere o peggiorare le disuguaglianze (per esempio, pregiudizi negli algoritmi, “digital divide” cioè differenze nell’accesso al digitale, sorveglianza diversa a seconda dei gruppi).
    • Capire i limiti di affrontare i problemi sociali solo con i numeri o i dati (“approccio quantitativo” o “data-driven”). Valorizzare anche le analisi qualitative (che descrivono la qualità delle cose), i racconti e i saperi che vengono dall’esperienza delle persone.
  • Cose da fare (Pratiche Trasformative):
    • Usare strumenti di analisi dei dati gratuiti e aperti (open source), tecniche di mappatura fatte dalle comunità e piattaforme di giornalismo investigativo collaborativo per studiare i problemi sociali.
    • Facilitare e partecipare a processi di “ricerca-azione partecipata”. In questi processi, le comunità sono coinvolte nell’analisi dei propri problemi.
    • Smontare i racconti dominanti dei media sui problemi sociali, cercando fonti e punti di vista alternativi.
  • Modi di essere (Attitudini Solidali e Decoloniali):
    • Ascoltare e imparare dalle esperienze dirette delle persone e delle comunità che vivono i problemi.
    • Essere disposti a mettere in discussione i propri privilegi e le proprie idee preconcette.
    • Promuovere un approccio “intersezionale” all’analisi dei problemi. Questo significa riconoscere come diverse forme di oppressione (contro donne, persone di colore, poveri, ecc.) si legano tra loro.

5.2 Avere idee e progettare insieme soluzioni tecnologiche e sociali facili da usare, accessibili, sostenibili e utili alle comunità, non al profitto

  • Cosa imparare a fare:
    • Partecipare attivamente a processi di gruppo, inclusivi, per avere idee e progettare soluzioni ai problemi identificati. Queste soluzioni possono usare o meno la tecnologia.
    • Preferire lo sviluppo di strumenti “conviviali” (che aumentano l’autonomia e la creatività delle persone e delle comunità).
    • Questi strumenti devono essere accessibili a tutti, sostenibili per l’ambiente e adatti alle diverse culture.
    • Usare metodi come il “co-design” (progettare insieme), il “design thinking critico” (pensare al design in modo critico) e il “participatory design” (design partecipato).
    • Assicurarsi che le comunità interessate siano le protagoniste del processo e che le soluzioni rispondano ai loro bisogni reali, non a logiche di mercato o di controllo.
  • Cose da sapere (Consapevolezze Critiche):
    • Criticare il modo di “progettare per gli altri senza coinvolgerli”. Questo modo è tipico di molti interventi di tecnici o aziende che decidono dall’alto.
    • Riconoscere che le “soluzioni” imposte dall’alto o dall’esterno spesso non funzionano o creano nuovi problemi.
    • Essere consapevoli dei rischi del “soluzionismo” tecnologico: l’idea che una semplice app possa risolvere problemi sociali complicati.
  • Cose da fare (Pratiche Trasformative):
    • Usare e facilitare metodi di progettazione partecipata (per esempio, laboratori di co-design, creazione veloce di prototipi con gli utenti, “design sprint” etici cioè sessioni di progettazione veloci ma giuste).
    • Sviluppare e adattare tecnologie appropriate (a basso costo, a bassa tecnologia, riparabili, basate su risorse locali) insieme alle comunità.
    • Promuovere l’uso di hardware aperto (cioè apparecchi con schemi pubblici, come Arduino o Raspberry Pi per progetti comunitari) e software libero (programmi gratuiti e modificabili).
    • Documentare e condividere apertamente i processi di progettazione e i risultati.
  • Modi di essere (Attitudini Solidali e Decoloniali):
    • Valorizzare i saperi e le capacità creative delle comunità locali.
    • Lavorare “con” e “per” le comunità, non “su” di esse.
    • Promuovere soluzioni che rafforzino l’autonomia, la capacità di resistere ai problemi (resilienza) e la sovranità tecnologica (controllo sulla tecnologia) delle comunità.
    • Essere pazienti e rispettare i tempi e i modi di decidere delle comunità.

5.3 Usare le tecnologie digitali in modo creativo, critico ed etico per un cambiamento sociale profondo, per la giustizia e per una trasformazione eco-sociale che parta dal basso

  • Cosa imparare a fare:
    • Sperimentare e usare le tecnologie digitali (quelle che esistono o quelle create da noi) in modo creativo, critico ed eticamente responsabile.
    • Usarle come strumenti per sostenere processi di cambiamento sociale profondo (“innovazione sociale radicale”).
    • Promuovere la giustizia sociale, economica, di genere, razziale e ambientale.
    • Facilitare il passaggio a modi di vivere e di organizzare la società più giusti, solidali, sostenibili per l’ambiente e democratici.
    • Partire dalle iniziative e dalle lotte delle comunità e dei movimenti sociali.
  • Cose da sapere (Consapevolezze Critiche):
    • Riconoscere che l’innovazione non è neutra: può servire a rafforzare il sistema dominante o a trasformarlo.
    • Criticare l’idea di “innovazione” come semplice novità tecnologica o come motore di una crescita senza fine.
    • Essere consapevoli che le tecnologie possono essere strumenti a doppio taglio: usate sia per liberare le persone che per reprimerle.
  • Cose da fare (Pratiche Trasformative):
    • Sostenere e partecipare a progetti di economia solidale (basata sull’aiuto reciproco) e circolare (che riduce gli sprechi) che usano piattaforme digitali cooperative.
    • Usare strumenti digitali per l’educazione popolare critica (che aiuta le persone a pensare con la propria testa), per la creazione di media indipendenti e comunitari, per l’organizzazione di campagne in difesa dei diritti umani e della giustizia ambientale.
    • Sviluppare o adattare tecnologie per controllare l’ambiente con la partecipazione dei cittadini (“citizen science”), per la gestione comunitaria di risorse (acqua, energia, cibo) o per la creazione di reti di aiuto reciproco.
  • Modi di essere (Attitudini Solidali e Decoloniali):
    • Impegnarsi a mettere le proprie competenze digitali al servizio di cause sociali e ambientali.
    • Essere creativi e ingegnosi nel trovare modi per “hackerare” (modificare in modo intelligente) o riprendersi le tecnologie esistenti per scopi di liberazione.
    • Credere nel potere dell’azione collettiva e dell’innovazione che parte dal basso per generare un cambiamento profondo del sistema.

5.4 Capire le differenze di accesso, competenze, potere e rappresentanza nel digitale, e agire insieme per la giustizia digitale, l’inclusione di tutti e la forza collettiva

  • Cosa imparare a fare:
    • Sviluppare una profonda comprensione delle tante facce del “digital divide” (divario digitale) e delle disuguaglianze digitali. Queste includono:
      • Accesso a infrastrutture (come internet veloce) e apparecchi.
      • Competenze d’uso.
      • Capacità di capire le informazioni in modo critico (alfabetizzazione critica).
      • Capacità di agire e decidere (agency).
      • Essere rappresentati nella progettazione e nella gestione delle tecnologie.
      • Essere esposti in modo diverso ai rischi.
    • Agire da soli e insieme per promuovere la giustizia digitale, l’inclusione vera di tutte le persone e la forza collettiva (empowerment collettivo).
    • Fare questo attraverso: azioni politiche per difendere i diritti (advocacy), educazione critica, creazione di infrastrutture comunitarie e lotta contro ogni forma di discriminazione ed esclusione nel mondo digitale.
  • Cose da sapere (Consapevolezze Critiche):
    • Capire che il divario digitale non è solo un problema di accesso alla tecnologia. Riflette e peggiora disuguaglianze sociali, economiche, educative, di genere, geografiche e razziali che già esistono.
    • Riconoscere che anche chi ha accesso può non avere le competenze critiche per un uso consapevole e che liberi le persone.
    • Essere consapevoli dei pregiudizi di genere e razziali nell’industria tecnologica e nella progettazione degli algoritmi.
  • Cose da fare (Pratiche Trasformative):
    • Partecipare e sostenere campagne per il diritto universale a un accesso a Internet giusto, aperto e neutrale. Sostenere la fornitura di apparecchi a prezzi accessibili o gratuiti per chi ne ha bisogno.
    • Organizzare e facilitare laboratori di educazione digitale critica e di “coding popolare” (insegnare a programmare a tutti), specialmente per gruppi messi da parte.
    • Contribuire a creare e mantenere infrastrutture di rete gestite dalle comunità (community networks).
    • Sostenere politiche per la diversità e l’inclusione nell’industria tecnologica e nella ricerca.
  • Modi di essere (Attitudini Solidali e Decoloniali):
    • Impegnarsi attivamente per abbattere le barriere che impediscono a tutti di partecipare in modo pieno e giusto alla società digitale.
    • Essere alleati delle lotte dei gruppi che subiscono discriminazione o esclusione a causa delle tecnologie o della loro mancanza.
    • Promuovere una visione del digitale come spazio di diritti, di opportunità e di liberazione per tutti, non solo per pochi privilegiati.

Conclusione: Coltivare Semi di Futuri Digitali Giusti, Liberi e che Rigenerano

DigiCoop 0.1 non è un punto di arrivo o un modello fisso da seguire. È piuttosto un processo sempre in movimento e aperto a tutti. È come un cantiere dove si impara insieme, si critica, si sperimenta e si cambia continuamente.

Le competenze descritte qui sono ambiziose e collegate tra loro. Non mirano solo a insegnare abilità tecniche o come fare le cose. Mirano soprattutto a far crescere:

  • Una profonda consapevolezza critica su chi ha il potere nel mondo digitale.
  • Modi di comportarsi etici, basati sulla cura e sulla responsabilità.
  • Pratiche quotidiane di solidarietà e rispetto per tutte le culture (decolonizzanti).

L’obiettivo finale è permettere alle persone, ai gruppi e a intere comunità di usare il digitale con intelligenza e capacità di scelta. Vogliamo che possano plasmare insieme un mondo digitale che sia davvero al servizio:

  • Della dignità umana in tutte le sue forme.
  • Della giustizia sociale, economica, razziale, di genere e tra generazioni.
  • Della rigenerazione ecologica e culturale del nostro pianeta (cioè far rinascere l’ambiente e le culture).

Questo è un invito forte e appassionato a diventare creatori consapevoli e responsabili di futuri digitali. Futuri che siano:

  • Con tanti punti di vista (plurali).
  • Facili da usare e che aiutano le persone (conviviali).
  • Rispettosi di tutte le culture (decolonizzati).
  • Attenti alle donne e alle questioni di genere (femministi).
  • Contro le discriminazioni verso le persone con disabilità (anti-abilisti).
  • Profondamente democratici.

In questi futuri, la tecnologia sarà liberata dalla logica del guadagno immediato, del controllo su tutti e dello sfruttamento. Potrà finalmente diventare uno strumento potente e flessibile per:

  • La liberazione delle singole persone e dei gruppi.
  • La cooperazione tra pari (orizzontale).
  • L’espressione creativa.
  • La cura reciproca e del mondo in cui viviamo.

La sfida è enorme e complicata, ma non possiamo evitarla. Richiede l’impegno paziente, coraggioso e creativo di ognuno di noi, tutti i giorni. Dobbiamo costruire alternative concrete e creare alleanze per il cambiamento a livello locale e globale.

DigiCoop 0.1 vuole essere una mappa, incompleta e in continuo cambiamento, per questo viaggio da fare insieme. Vuole essere un seme da coltivare insieme, perché possa far nascere pratiche di libertà e giustizia.


Elenco aggiornato degli interventi linguistici e motivazioni (secondo le Linee Guida ):

  1. Uso di parole facili da capire e conosciute: (Linee Guida, p. 10, regola 6, 7 )
    • Motivazione: Il testo originale usa un lessico molto specialistico e accademico (es. “egemonie narrative”, “eteronormativa”, “abile-centrata”, “agency”, “commoning”, “remix decoloniale”, “appropriazione culturale”, “copyright”, “GPL”, “obsolescenza programmata”, “DApps”, “intersezionale”, “resilienza”, “doxing”, “trolling organizzato”, “crittografia end-to-end”, “data trust”, “FOMO”, “datificazione”, “greenwashing”, “tecno-soluzionismo ingenuo”, “approcci top-down”, “empowerment collettivo”, “prescrittivo”, “innervano”). Questi termini sono stati sostituiti con parole di uso comune o spiegati estesamente per facilitare la comprensione da parte di persone con disabilità intellettiva o difficoltà di lettura. Ad esempio, “narrazioni egemoniche” è diventato “racconti che favoriscono chi ha più potere” o “idee dominanti”.
  2. Spiegazione di parole difficili o concetti complessi: (Linee Guida, p. 10, regola 8 )
    • Motivazione: Quando un termine tecnico o un concetto astratto era indispensabile, è stata fornita una spiegazione chiara e semplice, spesso con esempi. Concetti come “anti-abilismo”, “decolonizzazione dei contenuti”, “accessibilità universale”, “WCAG”, “remix”, “appropriazione culturale”, “copyright”, “Creative Commons”, “software libero e open source”, “hardware aperto”, “tecnologie conviviali” (spiegato con riferimento a Illich), “obsolescenza programmata”, “DApps”, “crittografia end-to-end”, “Signal/ProtonMail”, “Linux/Tails”, “Tor”, “doxing”, “capitalismo della sorveglianza”, “data trust”, “FOMO”, “digital detox”, “greenwashing”, “tecno-soluzionismo”, “co-design”, “digital divide”, “advocacy” sono stati spiegati. Questo aiuta le persone a comprendere argomenti che potrebbero non conoscere.
  3. Uso di frasi brevi: (Linee Guida, p. 11, regola 14; p. 17, regola 19 )
    • Motivazione: Il testo originale è caratterizzato da periodi molto lunghi e con molte subordinate. Le frasi sono state accorciate, esprimendo un solo concetto per frase o poche idee strettamente collegate. Questo riduce il carico cognitivo e facilita la lettura e la comprensione.
  4. Organizzazione chiara delle informazioni: (Linee Guida, p. 11, regola 18, 19 )
    • Motivazione: È stata mantenuta la struttura generale del testo originale (aree di competenza con sottosezioni e conclusione), ma il contenuto di ogni sezione è stato presentato in modo più schematico, usando elenchi puntati per i concetti chiave e per gli esempi di “Consapevolezze Critiche”, “Pratiche Trasformative” e “Attitudini Solidali e Decoloniali”. Questo aiuta a seguire il discorso e a trovare le informazioni importanti.
  5. Evitare o spiegare sigle e abbreviazioni: (Linee Guida, p. 10, regola 12 )
    • Motivazione: Sigle come WCAG, GPL, DApps, FOMO sono state sciolte o spiegate. Questo è fondamentale perché le sigle possono essere incomprensibili per chi non le conosce.
  6. Evitare concetti difficili come le metafore (o spiegarli): (Linee Guida, p. 10, regola 10 )
    • Motivazione: Espressioni come “sfidare le egemonie narrative”, “coltivare semi di futuri” sono state trasformate in linguaggio più concreto o spiegate in termini semplici.
  7. Uso della forma attiva: (Linee Guida, p. 11, regola 17 )
    • Motivazione: Laddove possibile, le frasi sono state volge alla forma attiva per rendere il testo più diretto e facile da capire, come suggerito.
  8. Parlare direttamente alle persone: (Linee Guida, p. 11, regola 15 )
    • Motivazione: È stato usato un linguaggio che si rivolge più direttamente al lettore (es. “Cosa imparare a fare:”, “Cose da sapere”, “Dobbiamo imparare…”).
  9. Preferenza per il tempo presente e uso del passato prossimo: (Linee Guida, p. 23, regola 42 )
    • Motivazione: Per le descrizioni e le spiegazioni generali, si è cercato di usare il tempo presente per rendere il testo più immediato. Quando necessario il passato, si è usato il passato prossimo.
  10. Ripetizione di informazioni importanti o spiegazioni: (Linee Guida, p. 11, regola 20 )
    • Motivazione: Alcuni concetti chiave (es. “accessibilità”, “decolonizzazione”, “convivialità”) sono stati ripresi o ridefiniti in contesti diversi per assicurarne la comprensione.
  11. Uso di elenchi puntati: (Linee Guida, p. 18, regola 26 )
    • Motivazione: Per facilitare la lettura e la comprensione di liste di azioni, consapevolezze o attitudini, sono stati usati elenchi puntati, come suggerito per rendere più leggibili gli elenchi di cose.
  12. Testo allineato a sinistra e non giustificato: (Linee Guida, p. 19, regola 28 )
    • Motivazione: Implicito nella formattazione testuale standard, si evita il testo giustificato che può creare spazi irregolari tra le parole, rendendo più difficile la lettura.
  13. Spazio tra i paragrafi: (Linee Guida, p. 19, regola 30 )
    • Motivazione: È stato lasciato spazio tra i paragrafi per migliorare la leggibilità e distinguere meglio i blocchi di testo.

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