Superficialità didattica e linguaggio: il caso di “fare un PowerPoint”
L’espressione “fare un PowerPoint” è diventata emblematica di una certa superficialità didattica diffusa nella scuola italiana. Analizzare questo tipo di formulazione aiuta a comprendere come il linguaggio possa riflettere e, talvolta, alimentare pratiche educative poco approfondite.
Caratteristiche della superficialità didattica
- Riduzione della complessità: L’espressione riduce la progettazione di un’attività didattica multimediale a una mera operazione tecnica, ignorando la riflessione pedagogica necessaria per una comunicazione efficace dei contenuti.
- Assenza di obiettivi formativi chiari: “Fare un PowerPoint” non specifica né gli scopi educativi né le competenze che si intendono sviluppare, limitandosi all’aspetto strumentale.
- Banalizzazione del processo educativo: Trasforma un potenziale percorso di apprendimento attivo e consapevole in una sequenza meccanica di passaggi, spesso svincolati da una reale progettazione didattica.
- Uniformità e standardizzazione: L’uso di questa formula porta a una ripetitività delle attività, dove la creatività e la personalizzazione vengono sacrificate in favore di una procedura standardizzata e facilmente replicabile.
Effetti sulla qualità dell’insegnamento
- Perdita di senso critico: Gli studenti rischiano di associare la didattica digitale a semplici esercizi tecnici, senza sviluppare capacità di analisi, sintesi e valutazione dei contenuti.
- Scarsa valorizzazione delle competenze trasversali: L’attenzione si concentra sullo strumento (il software PowerPoint) piuttosto che sulle competenze comunicative, progettuali o collaborative.
- Impoverimento dell’esperienza educativa: L’attività perde valore formativo se non è inserita in un percorso strutturato, con obiettivi chiari e criteri di valutazione condivisi.
Perché è un termine-ombrello
“Fare un PowerPoint” è un tipico termine-ombrello: ognuno lo interpreta a modo proprio, attribuendogli significati diversi a seconda del contesto, delle competenze e delle aspettative. Questo genera ambiguità e fraintendimenti, ostacolando la costruzione di una cultura didattica condivisa e rigorosa.
Alternative per una didattica più consapevole
- Definire gli obiettivi: Specificare quali competenze si intendono sviluppare (es. comunicazione efficace, sintesi di informazioni, progettazione multimediale).
- Progettare attività articolate: Integrare l’uso di strumenti digitali in percorsi didattici che prevedano ricerca, confronto, produzione e riflessione critica.
- Valutare il processo, non solo il prodotto: Dare importanza alle fasi di progettazione, revisione e presentazione, non solo al risultato finale.
In sintesi, formule come “fare un PowerPoint” riflettono una superficialità didattica perché riducono la complessità dell’azione educativa a un gesto tecnico, trascurando la dimensione progettuale, critica e formativa che dovrebbe caratterizzare ogni attività scolastica. Una didattica di qualità richiede invece linguaggio preciso, obiettivi chiari e processi articolati, capaci di valorizzare davvero le potenzialità degli strumenti digitali.
