Scrittura a banderuola

PIAGNONI E VIGLIACCHI: ECCO PERCHÉ I RAGAZZI DELLA MATURITÀ 2025 NON MERITANO IL NOSTRO RISPETTO

E così li chiamano “eroi”. La stampa amica, i salotti buoni, i sociologi dell’ultima ora sono già tutti in ginocchio ad applaudire la grande “ribellione” degli studenti della Maturità 2025. La grande fuga, vorranno dire. La grande ritirata di fronte al primo, vero ostacolo che la vita gli ha messo davanti. Perdonate la mia brutalità, ma io, che mi spacco la schiena ogni giorno per mettere insieme il pranzo con la cena, non riesco a provare altro che un profondo fastidio per questa sceneggiata.

Sia chiaro: non è coraggio, è solo paura. Non è una protesta, è una resa incondizionata di fronte a un sistema che, per una volta, chiedeva loro di dimostrare di essere diventati adulti. Hanno fallito. E ora vi spiego perché non solo non hanno la mia solidarietà, ma non meritano nemmeno il nostro rispetto.


LA RIDICOLA SCUSA DELL’ANSIA

Sentiamo la loro motivazione: “Il maxi-orale è una tortura psicologica”, “Soffriamo d’ansia”. E pensano di aver scoperto l’acqua calda? Benvenuti nel mondo reale, ragazzi! Chi non ha paura di parlare in pubblico?1. Chi non ha avuto le mani sudate e il cuore in gola prima di un esame, di un colloquio, di una presentazione importante?

La differenza, vedete, sta tutta qui: c’è chi stringe i denti, affronta la paura e va avanti, e c’è chi si nasconde dietro un certificato di fragilità e scappa. L’esame di Stato, con tutti i suoi difetti, è (o dovrebbe essere) proprio questo: una palestra per la vita. Un’introduzione a quella gigantesca “prova orale” che è l’esistenza, fatta di sfide, di sacrifici e di momenti in cui devi solo resistere2. Fuggire di fronte a cinque professori seduti dietro una cattedra è la prova generale della fuga di fronte a un capo esigente, a un cliente difficile, a una responsabilità. È un biglietto da visita che dice: “Non contate su di me quando le cose si fanno difficili”.


IL MONDO REALE NON VI REGALERÀ NIENTE

Ve lo dico da precario che ogni mattina si alza senza sapere se a fine mese potrà pagare le bollette: là fuori nessuno vi regala niente. Nessuno vi chiederà se siete ansiosi prima di affidarvi un lavoro. Nessuno vi farà sconti perché “non ve la sentite”. Il mondo è una gabbia di leoni, e vince chi lotta, non chi si lamenta.

Scrivere, creare, produrre: tutto è fatica 3, impegno, dedizione4. Il successo, quel poco che si riesce a strappare, arriva solo se sei disposto a

“fare il lavoro che gli altri non sono disposti a fare”5. Questi ragazzi, con la loro protesta da salotto, hanno dimostrato di non essere disposti a fare nemmeno l’ultimo passo di un percorso per cui altri hanno faticato. Credono che il mondo si adatterà alle loro paure, che la società si piegherà ai loro capricci. Si sbagliano di grosso, e l’impatto con la realtà sarà brutale. E allora, forse, rimpiangeranno di non aver affrontato quella piccola, insignificante prova di maturità.


UN INSULTO A CHI È RIMASTO A COMBATTERE

Ma il gesto più vigliacco, l’insulto più grande, non è verso il sistema. È verso i loro compagni. Quelli che, con la stessa paura e la stessa ansia, sono rimasti lì. Quelli che hanno studiato, che si sono presentati davanti alla commissione e hanno fatto del loro meglio. Sono loro i veri eroi silenziosi di questa storia, non i disertori che si sono presi le prime pagine.

Chi ha rifiutato l’esame ha sputato in faccia a chi ha rispettato le regole, ha insultato il lavoro dei professori che li hanno accompagnati per cinque anni e ha deluso le famiglie che li hanno sostenuti. È un atto di egoismo puro, mascherato da protesta generazionale. Hanno dimostrato di non avere rispetto per il sacrificio altrui, ma solo un’adorazione sconfinata per la propria, presunta, fragilità.

Non chiamiamoli eroi. Chiamiamoli con il loro nome: ragazzi viziati e spaventati, impreparati alla vita. Il mondo non è un luogo sicuro, e la maturità non consiste nell’evitare le difficoltà, ma nell’imparare a superarle.

Siamo diventati un Paese che premia la fuga e deride il coraggio? A voi la sentenza.

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BASTA TORTURE! I GIOVANI EROI DELLA MATURITÀ 2025 CHE DEMOLISCONO UN SISTEMA MALATO

Eccoli, puntuali come le tasse, i soloni da talk show, i professoroni con la puzza sotto il naso, i giornalisti con la schiena curva a furia di servire il potente di turno. Sono già partiti all’attacco: “Fannulloni”, “Vigliacchi”, “Non hanno voglia di studiare”. Il solito disco rotto. La solita litania di chi non capisce, o fa finta di non capire, che il mondo è cambiato e che i nostri ragazzi non sono più disposti a subire in silenzio.

Parliamoci chiaro: la rivolta degli studenti alla Maturità 2025, con quel “NO” urlato in faccia alla commissione e al maxi-orale, non è un capriccio. È il sintomo di un malessere profondo, è l’atto di ribellione più sano e giusto che potessimo sperare. E io, che vivo di scrittura precaria e so cosa significa lottare ogni giorno, sto con loro. Senza se e senza ma.


NON È UN ESAME, È UNA GOGNA MEDIATICA

Mettiamocelo in testa: il maxi-orale non è una prova culturale. È una tortura psicologica. È una lotteria dell’ansia dove non vince chi sa di più, ma chi sa recitare meglio la parte, chi ha la faccia tosta di reggere lo sguardo inquisitorio di gente che fino a un’ora prima non sapeva nemmeno della tua esistenza.

Ci dicono che bisogna saper parlare in pubblico. Certo. Ma un esame di Stato non può trasformarsi in un provino per X-Factor. La paura di parlare in pubblico, quella che gli esperti chiamano “glossofobia”1, è una condizione reale, che paralizza. E invece di tenerne conto, il nostro sistema scolastico la usa come un’arma, per umiliare, per selezionare non i più preparati, ma i più spregiudicati. Questi ragazzi hanno detto basta a questa follia. Hanno rifiutato di partecipare a un gioco truccato, dove il banco vince sempre. Hanno smascherato l’ipocrisia di un sistema che si riempie la bocca di “merito” e “competenze” ma che poi, alla fine, ti giudica su come gestisci il tremore della voce.


IL DIPLOMA? UN PEZZO DI CARTA PER INCARTARE IL PESCE

E poi, parliamo del vero obiettivo di tutta questa sofferenza. Il diploma. Quel famoso “pezzo di carta”. A cosa serve, oggi, nel 2025? Te lo dico io: a niente. O quasi. Non garantisce un lavoro, non garantisce un futuro, non garantisce dignità. È solo l’ultimo, estenuante step di un percorso a ostacoli durato cinque anni, un rito di passaggio svuotato di ogni significato2.

I giovani lo hanno capito. Hanno capito che il loro sacrificio, le loro notti insonni, la loro ansia non valgono un attestato che il mondo del lavoro guarderà con sufficienza. Rifiutare l’orale è stato come dire: “Tenetevelo, questo vostro trofeo inutile. Noi non siamo più disposti a farci logorare per un premio di consolazione”. È un atto di lucidità spietata, un atto d’accusa contro una società che chiede tutto ai giovani senza offrire nulla in cambio.


LA PUNTA DELL’ICEBERG DI UN SISTEMA FALLITO

Chi oggi punta il dito contro questi studenti, vede solo la superficie, la punta dell’iceberg3. Non vede i cinque anni di programmi scolastici fermi al secolo scorso, di professori demotivati, di edifici fatiscenti. Non vede la pressione costante, la competizione malata, la totale assenza di un collegamento tra quello che si studia e il mondo reale.

Il rifiuto dell’orale non è il rifiuto di un’ora di interrogazione. È il rifiuto di tutto il pacchetto. È un grido che dice: “Il vostro sistema non funziona più. È obsoleto, è crudele, è inutile”. È una richiesta di cambiamento radicale, una richiesta che parte dal basso, dalla trincea, da chi quel sistema lo vive sulla propria pelle ogni santo giorno.

Questi ragazzi non sono “fannulloni”. Sono eroi. Sono la nostra unica speranza di scardinare un meccanismo arrugginito, difeso solo da baroni e burocrati che tremano all’idea di perdere i loro privilegi.

E allora, la domanda è semplice. Da che parte state? Con i giovani che lottano per un futuro, o con le mummie che difendono un passato che non esiste più? Io la mia scelta l’ho fatta. E voi?

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