benvenuto, Lumo

Adattamento al Plain Language di Lumo: Intelligenza artificiale (generativa) è, a mio avviso, un’espressione che dovrebbe uscire subito dal nostro vocabolario. Katz¹ ha già evidenziato quanto il concetto sia nebuloso, Esposito² propone addirittura di chiamarla “comunicazione artificiale”, e il titolo italiano del libro di Crawford³ inizia con Né intelligente, né artificiale.

Ma mettere da parte il marketing che ha reso popolari i termini “macchine intelligenti” non significa dimenticare che li abbiamo già usati e diffusi. Negli ultimi tre anni, da quando ChatGPT è entrato nell’immaginario collettivo, molti hanno speso tempo a ribadire – a volte con eleganza, a volte con arroganza – che “le macchine non pensano” o che “non è intelligenza”. Sono state tante le varianti di questo argomento, tutte finalizzate a farci sentire al comando del discorso.

Ribadire un concetto che dovrebbe essere il punto di partenza, non il punto d’arrivo, del dibattito pubblico non è un gesto produttivo: è una perdita di tempo e di energia. Invece, continuare a dimostrare l’ovvio ha generato una sterile stagnazione culturale. Basta aprire il primo volume della trilogia di Cristianini⁴ per capire che, dietro le parole, ci sono macchine statistico‑predittive che:

  • operano in un ambiente raccogliendo dati e usando modelli e correlazioni derivati da addestramento, verifica e feedback;
  • producono risultati, tramite calcoli sempre più sofisticati, che sembrano plausibili come quelli umani nella stessa situazione;
  • non replicano i processi cognitivi tipici dell’uomo; anzi, le imprese e i centri di ricerca hanno scelto di abbandonarli, puntando sulle regolarità statistiche estratte dai Big Data.

Da qui nasce la parte centrale della mia proposta: smettere di ridurre tutto a definizioni banali e guardare a quello che davvero sta cambiando. Dobbiamo inquadrare e descrivere la crescita di una infrastruttura logistica della conoscenza sempre più complessa, che migliora costantemente la coerenza statistica e l’ottimizzazione funzionale. Questa infrastruttura è chiaramente capitalistica, estrattiva di valore e ad alto consumo energetico, e rimane quasi esclusiva degli oligopoli.

In sintesi, invece di perdere energie a negare l’intelligenza delle macchine, concentriamoci su come queste tecnologie stanno ridefinendo il nostro rapporto con il sapere, creando nuove dinamiche economiche e sociali che meritano una discussione più approfondita e meno retorica.

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